L’innovatore  che sconfisse i luoghi comuni

Cosa scrivere di originale, di non scontato, di non già letto e sentito, quando ti misuri, all’indomani della sua scomparsa, con la grande eredità lasciata da un vero e proprio “pezzo” della storia del giornalismo come Sergio Lepri?  Però, a pensarci bene, perché mai ostinarsi a cercare  parole “nuove” (che non esistono) per dire semplicemente che, con questo autentico “monumento” al vero giornalismo, scomparso ieri a 102 anni, é andato  via uno degli ultimi maestri di una professione sempre più vilipesa dall’esterno e incredibilmente calpestata nei suoi principi-cardine dall’interno?

Ciò che ha rappresentato Sergio Lepri, storico direttore dell’Ansa per poco meno di trent’anni (dal 1962 al 1990), é in ciò che ha costituito la sua cifra distintiva: un linguaggio asciutto ma non piatto, privo di fronzoli e luoghi comuni,  sempre coerente con i fatti da raccontare, senza estremismi ed aggettivazioni roboanti,

Altri tempi, altro giornalismo, si dirà. E non c’è dubbio che sia così ma, al di là dei mezzi usati, della velocità con la quale le notizie oggi viaggiano saltando dallo schermo di un tablet a quello di uno smartphone, o delle mille app attraverso le quali si introducono prepotentemente nella nostra quotidianità, il dato di fondo rimane sempre e solo uno: non tutti i fatti possono diventare notizia e una notizia è tale solo dopo che è stata verificata.

Ieri come oggi, dunque, al centro della “produzione” dell’informazione, comunque poi questa venga veicolata, rimane quel complesso (ma anche complicato…) lavoro che solo chi possiede i ferri del mestiere, a condizione che  li adoperi in maniera corretta, é in grado di svolgere.

E in questo un uomo come Sergio Lepri, un autentico innovatore della professione giornalistica quando ancora nelle tipografie si lavorava coi caratteri di piombo e il televisore di casa aveva bisogno dello stabilizzatore e impiegava cinque buoni minuti ad accendersi perché prima doveva “riscaldarsi”, è stato non solo straordinario interprete ma anche eccellente maestro di intere generazioni di giornalisti che hanno studiato sui suoi testi, che hanno apprezzato i suoi saggi e, soprattutto, che hanno saputo mettere in pratica i buoni consigli dei quali non era di certo avaro. E di tutto questo, per fortuna, rimane abbondante traccia nel suo sito (sergiolepri.it) che è una sorta di scrigno da saccheggiare a dal quale attingere a piene mani. Non fosse alto che per evitare luoghi comuni dei quali è tuttavia lastricato anche il viale degli “infortuni” giornalistici, come “il ferito è stato accompagnato al più vicino ospedale”. Sergio Lepri chiosava: ci mancava pure che lo portassero all’ospedale più lontano…

Piccoli e grandi strafalcioni dietro i quali si cela non sempre (e non solo) la fretta – pessima consigliera – di chiudere un pezzo quanto, piuttosto, scarsa preparazione unità a una superficialità che sfocia nell’approssimazione che lascia trasparire uno scarsissimo rispetto verso il lettore (o telespettatore, radioascoltatore, “navigatore” che sia).

Nel mio cammino professionale ho avuto modo, per circa venti anni, di lavorare anche come corrispondente dell’agenzia Ansa. Vi arrivai all’inizio degli anni novanta, quando Sergio Lepri aveva da poco lasciato il timone di quell’imponente portaerei che solcava con autorevolezza e sicurezza i mari (anche allora molto spesso agitati) dell’informazione italiana. La prima cosa che mi venne spiegato è che una notizia battuta dall’Ansa veniva ripresa da decine quando non centinaia di testate e, dunque, il livello di responsabilità nei confronti di (potenziali) milioni di lettori -allora in Italia si vendevano ben oltre 7milioni di quotidiani al giorno – era assoluto. Per aiutarmi a capire lo “spirito” dell’Ansa mi vennero consegnati pochi fogli fotocopiati di un dattiloscritto (si, esistevano ancora le macchine per scrivere) che contenevano una sorta di decalogo per redigere un buon servizio a misura di agenzia. Era il decalogo che Sergio Lepri aveva messo a punto e, periodicamente, rivisitato e attualizzato.

Quelle regole semplici semplici, ma da non dimenticare mai, mi sono state da allora sempre fedeli compagne di viaggio. E lo sono ancora oggi che la scrittura mi aiuta a dare corpo a pensieri, emozioni e sensazioni – e non più (solo) a raccontare fatti trasformandoli in notizia – come in questo caso, nel quale le parole non bastano e il rischio di rifugiarsi nei luoghi comuni è altissimo.

[*] Ex Post (nel senso che volevo scrivere un post ma è venuto troppo lungo…)

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