La Terra dell’abbastanza
Titolo della settimana: La terra dell”abbastanza di Damiano e Fabio D’Innocenzo,2018.
Se tre indizi costituiscono una prova siamo sulla buona strada. Mentre sui nostri schermi arriva America Latina, terzo lungometraggio dei gemelli romani a due anni da Favolacce, e noi andiamo a riscoprire il loro folgorante esordio dove i due puntano i fari su quella periferia romana oggetto di studio in passato anche di Pasolini e Caligari. Mirko e Manolo, amici fin da bambini, vivono a Tor Bellamonica, frequentano l’ultimo anno dell’Istituto Alberghiero, poi il loro sogno è andarsene per un futuro migliore. Ma una sera il destino cambia carte, sogni e prospettive.
Tutto inizia una notte come tante, quando i due giovani, dopo aver consumato il solito panino con cicoria, specialità della zona, girovagando per il quartiere investono uccidendo casualmente un uomo. Presi dal panico , i due, si recano, chiedendo aiuto dal padre di Manolo, quest’ultimo il giorno dopo scopre che l’uomo ucciso accidentalmente altri non è che un pentito di un pericoloso clan criminale, a cui gli stessi davano la caccia per eliminarlo. A questo punto la vicenda prende traiettorie imprevedibili, e per i due ragazzi e di riflesso le loro famiglie si aprono nuovi scenari.
Questa pellicola ha tutti gli elementi al posto giusto, sembra scritta e diretta da due veterani con anni di esperienza e non da due trentenni, all’epoca, all’esordio. I D’Innocenzo evitano retorica e spettacolarizzazione gratuita, invitando lo spettatore a fermarsi e riflettere, pur non mancando le scene forti, girate con cura e stile impeccabili, con primi piani e campi lunghi magistrali e raccontando personaggi che , nonostante l’inflazionamento di questi anni per via di film e serie tv, vedi Gomorra, Suburra e Romanzo criminale, riescono a dire qualcosa di nuovo. I due giovani autori riescono a dare una nuova prospettiva alla storia, con taglio stilistico personale e coraggio, puntando sugli effetti e i cambiamenti che la violenza determina su Mirko e Manolo, ottimamente interpretati da Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano; lo stesso possiamo dire di Luca Zingaretti, il boss, per una volta dall’altra parte della barricata, un plauso anche per Milena Mancini e Max Tortora in due ruoli sofferti, con quest’ultimo finalmente lontano da mediocri e dimenticabili commediole. Splendida la fotografia di Paolo Carnera che illumina la periferia romana.
La pellicola è stata lungamente applaudita al Festival di Berlino e a raccolto consensi in tutta Europa, oltre al nastro d’argento per miglior regista esordiente, in questo caso due. Nonostante sia stato maldistribuito si è fatto largo con ottimi incassi. Recuperate questo incoraggiante esordio di due giovani destinati ad una brillante carriera. Un cinema, quello dei fratelli, che può essere tranquillamente esportato anche al di fuori dei confini nazionali con il tema universale dell’amicizia fraterna, con un preciso stile in linea con il cinema contemporaneo, e se pensate alla giovane età dei registi è ancor più sensazionale.