Titolo della settimana: Una giornata particolare di Ettore Scola, 1977.
“Piangere si può anche da soli, ma per ridere bisogna essere in due “. Esistono film, per nostra fortuna, che si rivedono di continuo, la pellicola è sempre uguale, ma ogni volta cambiano le sensazioni, ed è come se stessimo assistendo ad un nuovo bellissimo film, un film particolare, come particolari ma in modo drammatico sono questi lunghi giorni; come Una giornata particolare, il film di oggi, un metafilm che racconta di due solitudini alla vigilia della seconda guerra mondiale.
La giornata particolare è il 6 maggio 1938, un venerdì non qualunque, quando Hadolf Hitler, scortato da Mussolini, visita Roma. Antonietta, donna insoddisfatta, succube del marito fascista, madre di sei figli, incontra il coinquilino Gabriele, ex annunciatore dell’Eiar, licenziato perché omosessuale. Scola dirige uno dei film-monumento della nostra cinematografia, raccontando uno dei momenti più drammatici della nostra storia e toccando in anticipo argomenti scottanti come omosessualità e razzismo con la sua innata classe e finezza, senza la fastidiosa retorica e i troppi giri di parole di oggi, attraverso una coppia spettacolare. Ma spettacolare in questo caso è il film, che come detto racconta anche il fascismo da altra angolazione , attraverso due personaggi, Gabriele e Antonietta, che diventano il simbolo della sofferenza, vittime di un regime che sconvolge e calpesta le esistenze.
Il film si apre con immagini di repertorio di quel giorno, quando a Roma arriva il treno del furher, l’accoglienza è trionfale, tutto l’esercito al completo è schierato lungo i Fori Imperiali, con annessi carri armati e aviazione. Subito dopo con uno stacco di telecamera, Scola ci catapulta dall’alto, con uno dei piani sequenza più lunghi e suggestivi del nostro cinema, in un complesso condominiale popolare, con gli inquilini spiati nella loro quotidianità, appena svegli si stanno preparando al grande evento, quasi una citazione hitchcokiana, e il caso vuole che proprio in quel giorno due anime in pena si incontrino. Gabriele e Antonietta, per il regime un sovversivo, un diverso da isolare, invece Gabriele è solo un uomo, gentile, colto e soprattutto buono. Antonietta dopo qualche remora iniziale si invaghisce di lui, lo stratosferico Marcello Mastroianni, credibile in qualunque ruolo, impotente nel Bell’Antonio, dilaniato dal dolore per la perdita del fratello in Cronaca familiare, latin lover ne La dolce vita, qui omosessuale, e lo griderà con orgoglio e coraggio dalla rampa delle scale in modo che tutti, compresa la portinaia impicciona, possano sentire. Che dire poi della Loren, sinceramente non una delle mie preferite, che ho apprezzato solo nelle pellicole dirette da De Sica e in uno dei miei cult, Cassandra Crossing, ma in questa pellicola giù il cappello, di un altro pianeta, struccata, dimessa, con le occhiaie, che man mano spariscono, per l’affetto di Gabriele. Era il 1977, la grande stagione italiana si andava lentamente spegnendo, come vi aveva già preannunciato lo stesso Scola con C’eravamo tanto amati, già recensito, gli anni 80 sono alle porte, una generazione sta invecchiando, registi, attori, sceneggiatori e tranne qualche lampo nel buio il cinema nostrano ha finito di raccontare storie e creare personaggi veri, abbiamo smarrito la via tracciata dai padri storici che sapevano trattare con leggerezza temi scomodi e drammatici. Tornando alla pellicola odierna bisogna menzionare la terza, ma non meno importante protagonista assoluta, la radio, che diffonde in maniera continua , come una partita di calcio, il giorno minuto per minuto di Hitler in Italia.
Alla sceneggiatura di Scola e Maccari ha collaborato anche Maurizio Costanzo. Stupenda la musica di Armando Trovaioli e nomination oscar per Mastroianni. Film da amare e classico universale contro tutte le guerre e ogni forma di discriminazione da far vedere anche nelle scuole.