Dal nostro inviato a Firenze

Con la prolusione del presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Gualtiero Bassetti si sono aperti i lavori di Mediterraneo Frontiera di Pace che vede la partecipazione di numerosi vescovi provenienti dell’area del Mediterraneo. In questa occasione dal venerdì fino a sabato ci sarà anche l’incontro con i sindaci del Mediterraneo. Alla apertura dei lavori era presente anche il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. Nella sua prolusione il cardinale Bassetti ha sottolienato  che: “Fra i segni di speranza, cari amici e care amiche, c’è anche il nostro ritrovarsi qui, oggi. A Bari, infatti, ci siamo incamminati su una strada, come diceva don Tonino Bello, ma non abbiamo ancora raggiunto il traguardo. Abbiamo solo avviato un processo. papa Francesco, nel discorso che tenne nel 2020 nella Basilica di San Nicola, sintetizzò con parole stupende il significato profondo di questo nostro cammino che abbiamo appena iniziato: Ecco l’opera che il Signore vi affida per questa amata area del Mediterraneo: ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello.  Queste parole devono essere scolpite nei nostri cuori perché rappresentano il fulcro della nostra missione. Ciò che abbiamo avviato due anni fa a Bari è, infatti, un’autentica missione di contemplazione e azione, come avrebbe detto Giorgio La Pira, che non deve essere blindata con progetti preconfezionati, perché il discernimento collegiale necessita di libertà e di fraternità. E ciò è tanto più vero quanto più alta e profonda è la portata della nostra sfida. Una sfida che vorrei riassumere così: restituire alle nostre Chiese e alle nostre società il respiro mediterraneo; riscoprire l’anima autentica che ci accomuna da secoli; promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace.  Quello che abbiamo avviato è, dunque, un processo. Che non sappiamo come proseguirà e neanche quando finirà. Non bisogna sentirsi padroni dei processi in cui si partecipa, occorre, invece, essere audaci nel cogliere i sentieri che il Signore ci schiude davanti. Oggi, ci troviamo all’interno di un cammino straordinario: Sindaci e Vescovi del Mediterraneo riuniti a Firenze per riflettere sul ruolo delle nostre città e delle nostre Chiese nella costruzione di un Mediterraneo della solidarietà, capace di superare le sue crisi e i suoi drammi. È davvero significativo che, nel rispetto della distinzione delle competenze e dei ruoli, che richiede assemblee autonome, il lavoro dei Vescovi e dei Sindaci del Mediterraneo culmini in un momento comune e fraterno con papa Francesco, a Palazzo Vecchio, nel salone del Consiglio de’ Cinquecento, voluto da Girolamo Savonarola per dare una struttura politica ai principii del discernimento collegiale e dell’esercizio collegiale dell’autorità, nella città in cui fu proclamata la regalità di Cristo contro l’uso dispotico e senza limiti del potere”.

Card. Bassetti

Per quanto rigurada il ruolo della missione delle Chiese del Mediterranee il Cardinale Presidente ha aggiunto: “ Le nostre Chiese mediterranee possono offrire energia spirituale e saggezza millenaria al contesto odierno del Mediterraneo. Questa la persuasione che deve animare i lavori di questi giorni. Senza alcuna pretesa di esaustività, voglio soffermarmi su alcune dinamiche delle Chiese mediterranee e della loro comunione che costituiscono un dono per tutti gli uomini e le donne del «grande lago di Tiberiade». La prima dinamica è ciò che fa nascere la Chiesa: la testimonianza della Resurrezione di Cristo. La nostra fede in Gesù Risorto, alimentata dalle nostre diverse tradizioni liturgiche, dall’ascolto della Parola, dalla vita fraterna, dall’amicizia, non deve rimanere al nostro interno. Essere testimoni della resurrezione di Cristo, cosa ben diversa dal proselitismo, significa risplendere della speranza che la nostra vita e quella del nostro prossimo sono pensate e custodite fin dall’eternità e per l’eternità da un Dio che è Amore. Questa certezza, ricevuta nei vasi di creta che noi siamo, ci immette e ci mantiene in una dinamica di liberazione da ogni preoccupazione terrena: dall’istinto di dominio, dalla logica della fionda e della pietra. Ecco perché la testimonianza dei tanti martiri dei nostri tempi, martiri miti, nonviolenti, è così preziosa!  La resurrezione di Cristo ci costituisce come uomini miti che abitano ed ereditano la terra, le nostre comunità sono chiamate continuamente ad abbeverarsi alla beatitudine della mitezza e trasformare così la nonviolenza in prassi politica! Trasformare, come dice Isaia, le armi in aratri!

L’identità del cristiano non è ciò che lo divide dall’altro, l’autentica identità cristiana è il Cristo vivente che unisce la famiglia umana. Diceva La Pira: «Se Cristo è risorto – come è veramente risorto – è la città di Dio, trionfante in Cristo, è la città permanente e finale dell’uomo: è la città di approdo dell’esistenza umana: la Gerusalemme della pace, della gioia, della bellezza eterna: la città dei glorificati, ove gli uomini, a Dio per sempre uniti, sosterranno per sempre, felici (Ibi vocabimus et videbimus, videbimus et amabimus, amabimus et laudabimus, come dice Sant’Agostino al termine della Città di Dio)».

La seconda dinamica – lo dicevo già a Bari – nasce dalla ricezione sempre più profonda del Concilio Vaticano II: la nostra comunione – altra persuasione fondamentale del professor La Pira – è il germe fecondo dell’unità del genere umano: ne deriva che l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, il dialogo con chi non professa alcuna religione, la collaborazione per la costruzione della pace, della giustizia, per la lotta alle nefaste conseguenze del cambiamento climatico non sono solo relazioni con gli altri, ma alimentano la nostra comprensione del mistero della Salvezza e lo rendono dicibile agli uomini del nostro tempo.  Sembra un paradosso ma non lo è; ne facciamo esperienza come pastori ogni giorno: più siamo capaci di ascolto di coloro che non condividono la nostra fede, più il nostro sguardo si fa capace di scorgere la presenza di Dio nella vita degli altri, nella loro ricerca di senso e di gioia per la vita, nella loro sete di giustizia e di pace. Più il nostro sguardo si fa chiaro e più riusciamo a trovare le parole, i silenzi, i gesti per rendere ragione della speranza che è in noi.  Cari fratelli, anche chi di noi vive nei contesti secolarizzati sta lentamente cominciando ad apprendere che la via del Vangelo è la via dell’ascolto, della curiosità, della gratitudine per i cammini di vita che il Signore suscita anche fuori dai recinti delle nostre strutture ecclesiali, tanto preziose quanto difficili da rinnovare!  La terza dinamica è il primato della contemplazione che può essere da noi, tra l’altro, affermato con la valorizzazione della rete che le monache del Mediterraneo, proprio per accompagnarci e sostenerci, hanno avviato. Ci accompagnano non solo con la loro  preghiera e il loro affetto, ma anche con la loro acuta intelligenza spirituale della realtà che nasce dal loro essere incardinate nei vari contesti e città mediterranei. Invito a leggere il secondo opuscolo che raccoglie le loro riflessioni e chiedo che sia inserito fra i documenti ufficiali del nostro incontro. Per La Pira i monasteri erano avamposti del Vangelo e della Chiesa, «centrali nucleari» di preghiera alternative ai missili. Oggi lo sono ancora di più, non solo nelle «terre di missione» ma anche nella vecchia Europa. Sono tanti i monasteri – maschili e femminili – che senza far rumore si sono fatti laboratori di accoglienza delle diversità e hanno attivato nuove esperienze di studio, preghiera, liturgia, lettura condivisa della Scrittura, autentici centri di intelligenza della fede nel mondo caratterizzato dal pluralismo religioso e dalla secolarizzazione.  I nostri giovani, non solo in Europa, vivono questo paradosso: respirano molteplici tradizioni religiose e al tempo stesso sono immersi nella cultura materialista del consumo e dell’individualismo. Il primato della contemplazione e la cura dell’interiorità sono ciò che permette loro di accedere alla ricerca del senso della vita, in maniera libera e non bulimica e superando i due rischi opposti, ma ugualmente devastanti, del «consumo non impegnativo dell’offerta religiosa» e dell’identitarismo, che riguarda – non facciamoci illusioni – anche i giovani cattolici, che divengono così, anche loro, facilmente strumentalizzabili. Io vedo il coordinamento dei giovani del Mediterraneo, che vorrei nascesse come coordinamento ecumenico e interreligioso, organicamente connesso anche alla vita monastica mediterranea.

La quarta dinamica è quindi l’intelligenza della fede. Raccogliamo l’invito fatto da papa Francesco a Napoli e adoperiamoci perché le nostre Chiese, insieme, producano una teologia del Mediterraneo, una teologia non astratta ma contestuale. È un debito che abbiamo nei confronti della Chiesa universale perché le nostre Chiese sono depositarie della ricchezza millenaria di tradizioni liturgiche, spirituali, patristiche, bibliche e teologiche (le antiche e più recenti scuole di Antiochia, Alessandria, Roma, Costantinopoli, Edessa, Kiev, Neamt, Mosca, per citarne solo alcune). Le tradizioni greche, siriache, latina, copta, slave sono nate e convergono nel Mediterraneo e il paradigma ecumenico fa sì che esse non ci dividano più, ma ci uniscano e arricchiscano reciprocamente. Anche a fronte delle rigidità che si erigono attorno alle questioni divisive, c’è un dibattito teologico ricchissimo di cui il Mediterraneo è il naturale luogo di raccolta e di elaborazione e la naturale cassa di risonanza.  Un tesoro di arte, liturgia, teologia che deve respirare nella casa comune mediterranea per affrontare in profondità le sfide dell’evangelizzazione, dell’unità della Chiesa e anche delle attese della povera gente del nostro mediterraneo perché una testimonianza coerente del Vangelo è necessariamente prassi di liberazione dall’oppressione della miseria, della violenza, della guerra, del fondamentalismo. I nostri fratelli schiacciati dalle guerre, dalla fame, dal cambiamento climatico, alcuni dei quali muoiono di freddo ai confini di Europa o annegano nel Mediterraneo, sono i primi e privilegiati destinatari dell’annuncio evangelico. …

La quinta dinamica è quella dello specifico apporto mediterraneo al processo sinodale della Chiesa universale. Esso ancora manca al percorso sinodale della Chiesa, ma darebbe tanta concretezza e anche tanto coraggio di accettare – all’interno della comunione cattolica – la diversità delle prospettive teologiche e degli approcci pastorali. Lasciatemi confidare che alla soglia degli 80 anni mi riempie di entusiasmo e di gratitudine la prospettiva di un sinodo Mediterraneo di cui l’arcivescovo Jean-Marc di Marsiglia ha parlato al Papa e scritto pubblicamente.  Cari e venerati fratelli prosegue Bassetti -, un nostro caro amico, David Sassoli, parlando proprio in questa città come Presidente del Parlamento europeo, ha detto:  Per La Pira, il comune riferimento delle religioni monoteiste ad Abramo poteva costituire il polo magnetico attorno al quale costruire questi nuovi rapporti Euro-mediterranei. Quanta attualità c’è in questa visione, in un momento di forti contrasti nell’area del Mediterraneo. E quanta idea politica contiene la spinta ad una ricomposizione dei conflitti presenti, in un quadrante geografico che rappresenta per noi il nostro spazio vitale. Ma accanto a questo si dovevano anche intensificare gli scambi commerciali e il modello che proponeva era, ancora una volta, quello della città: anzi della nostra città. E la Firenze di La Pira non era solo un laboratorio teorico, ma il luogo in cui si stava combattendo il diritto alla casa per tutti, al lavoro per tutti, alla scuola e all’ospedale per tutti.  Colgo queste parole come la consegna di un mandato Politico, con la P maiuscola, che appartiene alle nostre città, ma anche direttamente a noi vescovi e alle nostre Chiese. Voglio così ricordare questo uomo buono, intelligente e capace, che è stato fra i primi grandi politici del Mediterraneo a cogliere l’importanza del nostro cammino di vescovi mediterranei tanto da aver voluto essere con noi a Bari. Maria santissima patrona di questo convento e per volontà dei suoi cittadini, Regina di Firenze, ci aiuti a leggere sempre più in profondità la realtà in cui viviamo alla luce di Cristo risorto”.

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