IL MEDIOEVO VISTO DALLA LENTE DI SHERLOCK HOLMES, INTERPRETATO DA 007 E SCRITTO DA ECO

IL MEDIOEVO VISTO DALLA LENTE DI SHERLOCK HOLMES, INTERPRETATO DA 007 E SCRITTO DA ECO

Titolo della settimana: Il nome della rosa, di J.J. Annaud.

Ma ora che sono molto, molto vecchio, mi rendo conto che di tutti i volti che dal passato mi ritornano in mente, più chiaro di tutti, vedo quello della fanciulla che ha visitato tante volte i miei sogni di adulto e di vegliardo. Eppure dell’unico amore terreno della mia vita non avevo saputo e mai seppi il nome“. Nel 1986 il libro di Umberto Eco, che non ho letto, perdonatemi, viene tradotto in immagini da J. J. Annaud, diventando in poco tempo il caso cinematografico dell’anno, sbancando i botteghini, lasciandosi alle spalle pellicole come Top gun o Platoon sulla carta più fruibili per il pubblico, e se la memoria non mi inganna, fino al 2001 ha detenuto il primato di Film più visto in televisione, scalzato solamente da La vita è bella di Roberto Benigni.
Come spesso accade, lo abbiamo visto anche per Il Padrino, il successo planetario di un romanzo attira immediatamente l’interesse dell’ industria cinematografica, figurarsi se il romanzo in questione è Il nome della rosa, in grado di sfondare il muro delle 5  milioni di copie vendute. Quasi titanico è stato lo sforzo produttivo, durata quasi cinque anni, della coproduzione Italia – Francia – Germania, con il nostro Franco Cristaldi in prima linea, a cominciare dalla felice scelta di Annaud, che da par suo non ha tradito le atmosfere cupe e gotiche del libro, coniugando spettacolo e cultura, in un momento storico, gli anni 80, dove l’interesse per le storie medievali, in tutti i campi, era in forte ascesa.
Per Il nome della rosa si è puntato al top, dalle musiche, James Holmer, alla scenografia, con genio di Dante Ferretti, alla fotografia naturalista di Tonino Delli Colli. Naturalmente per quanto riguardava la scelta del cast le mire erano elevate, dopo aver sfiorato Robert De Niro, che non accettò perché voleva inserito nel copione un duello cappa e spada (!), la scelta cadde su Sean Connery, che in quella prima parte degli 80 era incappato in una serie di flop, tra cui Atmosfera zero, che il tempo, giudice supremo ha rivalutato, e io approvo. Sean accettò, e aggiungo, non poteva esserci un Guglielmo migliore, uno 007 nel medioevo, che fece esultare, storia vera, il sempre pacato e composto Eco.
Sulla scia di Connery una folta schiera di attori statunitensi ed europei del peso di F. Murray Abraham, Fedor F. Saliapin, Ron Pearlman, Michael Londsdale, Helmut Quattinger e Leopoldo Trieste. Per il fondamentale ruolo di Adso da Melk la produzione si affidò al giovane sedicenne Christian Slater, protagonista nella pellicola di una bollente scena di sesso con Valentina Vargas la rosa, all’ epoca ventiduenne. Una curiosità per quanto riguarda sempre il cast, per la parte di Salvatore, poi andata al buon Ron Pearlman, la prima scelta era Franco Franchi, l’attore rifiutò perché avrebbe dovuto rasarsi, poi si pentì, peccato sarebbe stato fantastico vedere all’opera il mitico Franco aggirarsi per l’Abbazia.
La vicenda è raccontata in un lungo flashback da un ormai anziano Adso de Melk, che insieme a Guglielmo di Baskerville, suo maestro, nell’autunno del 1327 giungono in un Abbazia tra i monti del nord Italia, dove si stanno verificando orrendi delitti. L’abate affida a Guglielmo l’intricato caso, in un clima ostile iniziano le indagini, intanto gli omicidi non cessano e l’inquisitore Bernardo Guy, in pessimi rapporti con Guglielmo è in viaggio per raggiungere anch’esso l’Abbazia. Gugliemo arriva alla conclusione che per risolvere il mistero bisogna andare in biblioteca, a questo punto lascio a voi il piacere di entrarci, tra Aristotele, santa inquisizione e caccia alle streghe.
Questo film, oggi è considerato un capolavoro, per me lo è stato da subito, basti pensare che il Umberto Eco ne approvò in pieno la sceneggiatura, scritta a quattro mani, disarmando di fatto critici e filosofi vari, pronti coi fucili spianati a demolire l’opera cinematografica con le solite teorie e differenze con il testo che lasciano sempre il tempo che trovano, cioè il niente.
Ho aperto questo articolo con le parole di un vecchio Adso da Melk e lo chiudo con quelle di un mio amico cinefilo, e che approvo in toto. “Preferisco rivedermi 10 volte Il nome della rosa che rivedere anche una sola volta Il codice da Vinci “, e aggiungo io,  Annaud e Sean Connery battono dieci a zero Howard e Tom Hanks.
Buona visione.
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