Il tema del rapporto tra cristiani e politica è sempre assai rilevante per il futuro della nostra società. Gli ultimi eventi (elezioni politiche, regionali in Lazio e Lombardia, primarie Pd) rendono ancora più urgente una seria riflessione.
Già qualche mese fa, lo storico Ernesto Galli Della Loggia aveva parlato di un “precipizio nell’irrilevanza pubblica”, di eclissi cattolica, mentre Andrea Riccardi ha più volte auspicato che il mondo cattolico riacquisti una sua forte voce pubblica, cogliendo come qualcosa sia mutato tra i cristiani, che si è passati dal “noi” all’”io”, e che risulta quindi essenziale rilanciare, anche se non in modo strutturale, un orientamento comune.
Lo stesso cardinale Zuppi, presidente dei vescovi italiani, è pienamente consapevole come la Chiesa si fondi su una scelta di fede: si è cattolici non solo perché si è solidali verso i più deboli, ma perché si è ancorati, sempre, in tutti i contesti e quindi anche in quello politico, ai valori del Vangelo.
“Un buon cristiano partecipa attivamente alla vita politica e prega perché i politici amino il loro popolo e lo servano con umiltà”, queste le parole di papa Francesco, “nessuno di noi può dire: ma io non c’entro, sono loro che governano. No, io sono responsabile del loro governo e devo fare del mio meglio perché loro governino bene, partecipando alla politica come posso. La politica, dice la Dottrina sociale della Chiesa, è una delle più alte forme della carità, perché è servire il bene comune. E io non posso lavarmene le mani: ciascuno di noi deve fare qualcosa. Ma ormai abbiamo l’abitudine di pensare che dei governanti si deve solo chiacchierare, parlare male di loro e delle cose che non vanno bene. A volte abbiamo sentito dire: un buon cattolico non si interessa di politica. Ma non è vero: un buon cattolico si immischia in politica offrendo il meglio di sé perché il governante possa governare ”.
Peraltro, il Partito Popolare di Sturzo non era il partito “dei” cattolici ma “di” cattolici: “È superfluo dire – affermava don Sturzo – perché non ci siamo chiamati “partito cattolico: i due termini sono antitetici; il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione” ed ancora “Io non mi proponevo di realizzare l’unità politica dei cattolici. La mia fu soltanto una corrente di cattolici che fondò un partito nel quale potevano militare anche i non cattolici”.
In ogni caso, il pensiero del sacerdote calatino non può certo essere estrapolato a pezzetti, isolando singole parti del suo progetto politico e sociale.
Perché non bisogna dimenticare, ad esempio, la speranza espressa da Sturzo, nel dopoguerra, che “la Dc riprenda il suo posto di Centro senza alcun complesso di inferiorità”. Come pure, citando Sturzo, non si può tralasciare la sua profetica battaglia contro lo statalismo e di conseguenza contro la partitocrazia.
Sturzo è ancora un profeta inascoltato e proprio alla luce del suo insegnamento ci si rende conto come sia necessario rivedere l’ormai superata forma-partito, visto che quella attuale è degenerata in partitocrazia, per cui i soggetti principali non sono i cittadini ma organigrammi impersonali, lontani dai problemi e dal sentire della gente e che esercitano il potere in maniera verticistica.
Penso quindi che bisogna ripartire dal popolarismo di Sturzo, dalla sua attenzione alle persone, che per essere davvero forti devono essere libere. E questa nuova presenza deve fare tesoro dei sempre validi insegnamenti della Dottrina sociale cristiana, che hanno resistito al crollo delle ideologie del 900, al fallimento del comunismo e alla crisi dello stesso capitalismo. Solo così il cattolicesimo sociale può costituire la traccia per restituire valore ideale all’impegno politico, per trasformarlo in vera e propria carità politica.
Senza dimenticare che i cattolici in politica non sono stati influenti quando si sono posti come i rappresentanti dell’Italia cattolica. Come ha di recente osservato mons. Michele Pennisi, arcivescovo emerito di Monreale e Presidente della Commissione storica per la beatificazione di don Sturzo, è importante che i cristiani, qualunque sia la loro scelta partitica, siano i soggetti della nuova evangelizzazione che comporta anche un impegno rinnovato per essere come autentici testimoni della carità evangelica sale, luce e lievito nella nostra società, in spirito di servizio e di dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo.
Salvo Sorbello – già dirigente provinciale della Democrazia Cristiana di Siracusa