La Scuola di giornalismo UCSI di Assisi*

Dal 18 al 20 ottobre si è tenuta la Scuola di giornalismo UCSI, unione cattolica stampa italiana, 2024, dedicata al giornalista vaticanista Giancarlo Zizola  (Montebelluna, 13 aprile 1936 – Monaco di Baviera, 14 settembre 2011), presso la Cittadella Pro Civitate Christiana di Assisi. I lavori sono stati aperti presso la sala della Conciliazione del Palazzo Comunale, con un  incontro pubblico, finalizzato alla formazione dei giornalisti, con crediti formativi,  sul tema: “Sentinelle dello stato di salute della democrazia: come riportare il giornalismo al servizio dei cittadini”, durante il quale è stata ricordata la figura di Alcide De Gasperi, nel 70.mo anniversario della scomparsa . Dopo i saluti del presidente dell’ Ucsi Vincenzo Varagona, dell’assessore comunale Paolo Mirti, del direttore della comunicazione della Basilica di San Pietro in Vaticano padre Enzo Fortunato, del presidente  dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, hanno preso la parola vari relatori, tra i quali il Segretario nazionale dell’UCSI, nonché tesoriere dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia, Salvatore Di Salvo, evidenziando come un’informazione superficiale, sempre più veloce e meno attenta alla verifica dei fatti, rischia di mettere in crisi la democrazia.  Particolarmente apprezzato l’intervento della coordinatrice dell’Ufficio Stampa del Parlamento europeo, Valentina Parasecolo, che ha illustrato alcuni meccanismi della diffusione delle notizie e informazioni in seno alla Comunità Europea, e risposto a molte domande poste dai giornalisti presenti.

I corsisti

I due giorni successivi sono stati molto intensi e densi di significati, sul futuro della professione, alla ricerca di una via d’uscita da una crisi devastante, e sulle nuove frontiere della comunicazione.  L’Ucsi  ha, tuttavia, anche una proposta originale, che deriva proprio dalle elaborazioni scaturite dalla scuola di Assisi:  ribattezzata la proposta delle “5M”, il cui significato, in linea con la necessità di cambiare strada, è quello di andare oltre le tradizionali 5W ( dare risposte alle   domande   What – Che cosa, Who – Chi, Where – Dove, When – Quando, Why – Perché ), giungendo alle 5 M(dall’inglese More): più domande, più fonti / più tempo / più linguaggi, più punti di vista / più tutele, diritti, libertà / più umanità.

A moderare i laboratori sono stati chiamati suor Naike Borgo, Giuseppe Delle Cave, Maria Luisa Sgobba. Erano presenti oltre 80 partecipanti, provenienti da tutte le regioni d’Italia,  tra i quali  una folta rappresentanza di giovani, affiancata da dirigenti nazionali e alcuni regionali dell’associazione, a discutere del presente e futuro della professione, con uno sguardo di fede proiettato sul mondo, unito al desiderio di mettere qualcosa in più nello svolgimento quotidiano della professione.

La delegazione siciliana

Tra i vari ospiti intervenuti, Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano, ha sottolineato il rischio che l’informazione sia troppo uniforme: “Nell’epoca della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale, è importante ricordare che un buon professionista dell’informazione sa raccontare la realtà vivendola. Empatia e ascolto sono doti necessarie per svolgere un lavoro che diventa servizio alla comunità”. Tutti i presenti hanno prestato molta attenzione alla relazione sull’intelligenza artificiale  del direttore di “Avvenire di Calabria” don Davide Imeneo, che ha fatto il punto sull’utilizzo giornalistico delle ultime tecnologie. Nell’era della rivoluzione digitale, i giornalisti si trovano, infatti, di fronte a sfide senza precedenti, perché gli strumenti tecnologici avanzati stanno trasformando il modo di fare informazione. Durante i lavori si è parlato anche delle esigenze dell’opinione pubblica, che ha perso negli anni la fiducia nei confronti degli operatori dei media, , soffermandosi sulla necessità dei giornalisti di trovare il tempo e le risorse per approfondire le notizie, anche a scapito della velocità di scrivere l’articolo, per fornire un servizio reale ed obiettivo  Nell’omelia, don Riggio, acuto e mai banale, si è soffermato – stigmatizzandola – sull’ambizione sfrenata di avere i primi posti e di conquistare  potere e visibilità.

 

La condivisione di questa esperienza – che continuerà negli anni a venire – è stata molto apprezzata da tutti i partecipanti, come strumento per rafforzare relazioni e accrescere consapevolezza, investire in fantasia e progettare per il futuro, con la visione di un modello professionale che per un giornalista cattolico si traduce imprescindibilmente in luce cristiana.

(*) – L’autore è il presidente provinciale dell’Ucsi

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