Il pontefice scelto “dalla fine del mondo”  – Speciale sull’edizione tipografica di Cammino

Ci siamo chiesti quale paradigma, fra quelli che hanno caratterizzato il decennio di pontificato di Bergoglio, fosse il più adatto a consegnarci il profilo più nitido del suo denso magistero. Abbiamo scelto il tema della Pace, e non soltanto per ragioni legate all’attualità drammatica del conflitto russo-ucraino, quanto piuttosto per la declinazione della difesa della vita umana, nei suoi molteplici aspetti, che emerge con grande intensità dai messaggi che papa Francesco ha emanato in occasione delle Giornate Mondiali della Pace dal 2014 al 2023.

Proviamo a ripercorrere, a volo di uccello, quelle esortazioni di Francesco. Vi troveremo cuori irrorati dalla fraternità, vite liberate dalla schiavitù, sguardi capaci di vincere l’indifferenza, semi di nonviolenza per promuovere la pace; mani tese verso migranti e rifugiati, passi ispirati dalla buona politica, semi di speranza, cammini di dialogo fra le generazioni, percorsi culturali di cura dell’altro, affermazione del “noi” perché nessuno si salva da solo.

 

Nel Messaggio del 2014 («La fraternità è fondamento di pace»), il pilastro è la fraternità, che Francesco declina partendo da una premessa: la fraternità, che si comincia ad imparare in famiglia, è “fondamento e via per la pace”.

“La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione, dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore.”

Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, non ci sono “vite di scarto”: la fraternità, spiega il Papa, è anche una “premessa per sconfiggere la povertà”, con essa “si spegne la guerra” se ciascuno riconosce nell’altro “un fratello di cui prendersi cura”.

 

Nel Messaggio del 2015 («Non più schiavi ma fratelli») papa Francesco si sofferma sulle profonde ferite che dilaniano la fraternità e la vita di comunione. Tra queste, la “piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”.

“Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti”.

 

Nel Messaggio del 2016 («Vincere l’indifferenza») troviamo un invito a vincere le varie espressioni di indifferenza. “La prima forma di indifferenza nella società umana – spiega il Pontefice – è quella verso Dio”. Da questa scaturisce anche “l’indifferenza verso il prossimo e il creato”. E in una società così lacerata dove dilagano inerzia e disimpegno, la pace è minacciata “dall’indifferenza globalizzata”.

“Quando investe il livello istituzionale, l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e della sua libertà, unita a una cultura improntata al profitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace”.

 

Nel Messaggio del 2017 («Nonviolenza come stile di una politica per la pace») Francesco auspica “che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali”.

“Questa violenza che si esercita ‘a pezzi’, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili”.

 

Nel Messaggio del 2018 («Migranti e rifugiati, persone in cerca di pace») Francesco esorta ad abbracciare tutti coloro “che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale”. “E ciò richiede una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.

Accogliere richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze. Proteggere ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Promuovere rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Integrare significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie”.

 

Il Messaggio del 2019 («La buona politica è al servizio della pace») Francesco lo dedica alla “sfida della buona politica”. “La buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”. Ma nella politica, aggiunge il Papa, non mancano i vizi, “dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni”.

“Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ‘ragion di Stato’, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato”.

 

Nel Messaggio del 2020 («La pace come cammino di speranza») Francesco indica nella pace “un bene prezioso” e una meta verso la quale tendere nonostante gli ostacoli e le prove.

“Aprire e tracciare un cammino di pace è una sfida, tanto più complessa in quanto gli interessi in gioco, nei rapporti tra persone, comunità e nazioni, sono molteplici e contradditori. Occorre, innanzitutto, fare appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica. La pace, in effetti, si attinge nel profondo del cuore umano e la volontà politica va sempre rinvigorita, per aprire nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità.”

 

Nel Messaggio del 2021 (La cultura della cura come percorso di pace) Francesco rievoca la diakonia delle origini, che è diventata il cuore pulsante della dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato.

Quanto ciò sia vero e attuale ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme», perché «nessuno si salva da solo» e nessuno Stato nazionale isolato può assicurare il bene comune della propria popolazione”.

 

Nel Messaggio del 2022 («Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura») Francesco propone tre vie per la costruzione di una pace duratura. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per «dare vita ad un patto sociale», senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente.

In particolare, riguardo alla prima via, il pontefice sottolinea come “dialogare significhi ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e dello scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa. Mentre lo sviluppo tecnologico ed economico ha spesso diviso le generazioni, le crisi contemporanee rivelano l’urgenza della loro alleanza. Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani”.

E infine, nel Messaggio del 2023 («Nessuno può salvarsi da solo»), Francesco esorta a ripartire dalla esperienza della pandemia per tracciare insieme sentieri di pace.

Il Covid-19 – scrive il pontefice – ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza. Assieme alle manifestazioni fisiche, la pandemia ha toccato inoltre, alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze, minacciando la sicurezza lavorativa di tanti e aggravando la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri”.

E Bergoglio evidenzia come “la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo”. E ne deduce come sia “urgente dunque ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana”.

Papa Francesco conclude con un appello: “Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale”.

Fraternità era la parola-chiave che aveva aperto il primo messaggio di Bergoglio del 2014.

Fraternità è la parola-chiave che chiude il suo ultimo messaggio del 2023.

 

  • Pubblicato su “Cammino” del 28 marzo 2023
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