La vita ti porta in luoghi inaspettati, l’amore ti porta a casa”, nessuno può capire questa frase più di un siciliano, che nonostante giri il mondo è sempre attratto da una strana forza mistica alla sua terra d’origine.

E proprio come i suoi conterranei, anche una stella del jazz di calibro internazionale come il sassofonista Francesco Cafiso, originario di Vittoria, sente il bisogno di ritornare nella terra natia, per saldare il debito che ogni siciliano deve alla sua terra e restituirle un po’ di bellezza.

Dopo aver girato il mondo suonando con artisti ed orchestre d’eccezione come Wynton Marsalis, la Lincoln Center Orchestra, Maria Schneider, Hank Jones, Jimmy Cobb, Dado Moroni, Enrico Rava e molti altri e dopo dopo aver conseguito la laurea alla prestigiosa Juilliard School di New York, Francesco torna in Sicilia per un tour con la Carlo Cattano Orchestra come ospite d’onore.

Il tour che prevede tre tappe in Sicilia e una in Calabria è una parte dell’elaborato di un progetto più ampio, avente inizio nel 2012, che ha visto la formazione di un laboratorio orchestrale aperto a sperimentazioni dove giovani musicisti della Sicilia Orientale convogliano, apportando idee estemporanee alle composizioni scritte e pensate dal musicista e compositore lentinese Carlo Cattano, conosciuto, oltre che per le importanti collaborazioni e il ricco curriculum, per aver composto le colonne sonore dell’ottava e nova stagione della serie televisiva “La piovra”.

Cattano, inoltre, può vantare nel suo curriculum di essere stato il primo e unico maestro di Francesco Cafiso, al quale abbiamo chiesto cosa significhi per lui ritornare a casa e fare questo tour nell’orchestra di Carlo Cattano, suo iniziatore in ambito jazz.

« Attualmente abito a New York, una città che offre moltissimo però sento l’esigenza di rientrare periodicamente, soprattutto in questo periodo perché per me l’estate è in Sicilia. 

Quando Carlo mi ha offerto la possibilità di vivere questa esperienza non ho esitato nel dire di si, sia per l’esperienza musicale in sè, sia perché la proposta mi è arrivata da Carlo con il quale c’è un legame affettivo importante, avevo appena 7 anni quando ci siamo conosciuti, per me è famiglia.

Sono contento di essere qui con lui per presentare il nuovo disco “Overlaps” e di poter dare il mio contributo per questa esperienza importante e formativa per i ragazzi.»

Il nuovo “Overlaps” è il secondo disco dell’Orchestra di Carlo Cattano dopo “Ecap”. Il titolo stesso, in italiano letteralmente “sovrapposizioni” ne suggerisce lo stile: «un vero e proprio travaglio interno di composizioni estemporanee, sovrapposizioni di linee che si intersecano» così il maestro Cattano ci spiega il titolo del secondo disco di una formazione quasi tutta giovanile della quale sembra doveroso menzionare ogni musicista: ai sax Marco Caruso, Marco Bella, Fabio Tiralongo, Sergio Battaglia e Carlo Cattano, alle trombe Ivan Cammarata, Salvatore Musumeci e Francesco Bella, al trombone Giuseppe Consiglio, al trombone basso Antonio Caldarella, alla chitarra Salvatore Amore, al pianoforte Francesco Miniaci, al contrabbasso Cristiano Nuovo e alla batteria Alessandro Borgia.

Durante le prove dell’orchestra, svolte regolarmente nel laboratorio storico di Antonio Moncada a Lentini, abbiamo chiesto al maestro Cattano cosa ne pensa di quella che potremmo definire una “fuga di talenti” data dall’impossibilità di fare carriera in Sicilia.

«Io penso che sia esattamente il contrario, regioni come la Sicilia sono il fulcro della musica. Non lo dico solo io ma lo ha detto anche il compositore Enrico Rava in un’intervista di musica jazz: «la Sicilia è un vivaio di musicisti incredibili», si organizzano molti festival e quindi c’è l’opportunità di fare delle esperienze con tantissimi artisti. Quindi non è vero ciò che si dice e spesso si pensa questo proprio perché non si conoscono le altre realtà, la nostra è terra di grandi musicisti jazz»

A tal proposito abbiamo chiesto a Francesco Cafiso:

«Che consiglio daresti a un giovane che suona in ambito jazz in Sicilia?»

«Il consiglio che do è quello di mettersi in gioco e di non avere paura nel farlo, consiglierei di rischiare. La Sicilia è la terra delle meraviglie però purtroppo è un’isola e, se per tanti versi è una cosa straordinaria, per altri lo è meno: ci sono delle difficoltà di natura logistica che paralizzano parecchio.

In Sicilia, come nel resto d’Italia, ci sono tantissimi talenti incredibili, il livello è molto alto ma è una realtà piccola, l’Italia è piccola. Ci si rende conto di questo quando ci si sposta in una realtà molto più grande, come New York ad esempio, dove ogni giorno, ogni sera, è un’occasione di incontro e confronto con centinaia di musicisti: ci sono una miriade di club a disposizione dove poter andare, poter suonare, c’è la possibilità di organizzare session musicali a casa e di fare connessioni varie. Secondo me, un jazzista, e mi sento di dirlo dopo l’esperienza fatta, deve passare assolutamente da New York se vuole veramente mettersi in gioco, crescere e formarsi. Allo stesso tempo penso che, in un secondo momento, sia importante portare nella propria terra quello che si è appreso fuori,  questo è quello che faccio io: coltivo la mia passione che mi spinge a voler crescere, a studiare, a volermi migliorare e poi porto qui quello che apprendo fuori.

Io vedo la Sicilia anche come un punto di ritorno per riposarmi, per vivere la musica  in maniera più intima e medidata, per poter scrivere, pensare a nuovi progetti, a nuovi gruppi. Sono due dimensioni delle quali io non posso fare a meno»

Ci è piaciuto interpretare come un altro messaggio per giovani musicisti che sognano di fare il suo stesso percorso, la risposta alla nostra domanda sulla recente esperienza e il titolo di studio conseguito alla Juilliard School.

«La Juilliard è un’istituzione molto importante in America e nel mondo, la mia è un’esperienza molto positiva: per due anni ho fatto un corso che si chiama “Artist Diploma”, sostanzialmente incontri un gruppo di musicisti formato da loro e l’obiettivo è quello di preparare i concerti e nel frattempo studiare insieme come costruire un suono di gruppo. Vengono scelte delle tematiche musicali, le si approfondiscono, quindi si va proprio ad analizzare in maniera molto meticolosa il ruolo di ogni singolo musicista. 

Sono contento di aver fatto questa esperienza  e soprattutto di averla fatta a 34 anni perché le scuole sono certamente dei luoghi importanti che danno gli strumenti per poter approfondire la propria conoscenza musicale, ma sono anche luoghi che ti possono “ingabbiare” per certi versi e quindi, essere consapevole di quello che vuoi ti aiuta a vedere le cose da un’altra prospettiva, se sei invece troppo giovane magari rischi di rimanere “ingabbiato” lì. Io sinceramente, avendo fatto questa esperienza ad un’età più matura, ho preso le cose che mi piacevano e ho scartato tutto il resto e quindi l’esperienza per me è stata positiva.»

Il grande musicista jazz originario di Vittoria che passa dall’essere ospite in Francia di un tour del grande Wynton Marsalis al fare le prove in un piccolo paese di 24.000 abitanti come Lentini per il tour siciliano, ci spiega indirettamente, attraverso la sua esperienza, l’umiltà di chi, pur avendo girato il mondo, solcando palcoscenici importanti, non dimentica le sue origini.

Quando ritorni in Sicilia, sei Francesco, l’amico d’infanzia, il vicino di casa, il concittadino o sei il musicista internazionale Francesco Cafiso al quale guardare con rispetto?

«Entrambi gli aspetti! Però devo dire che la locuzione latina “Nemo propheta in patria” per me, a Vittoria, non è mai stata vera perché sono sempre stato accolto con grande affetto e stima, pur essendomi riconosciuto ciò che faccio, la mia attività, percepisco molto affetto e questo mi fa indubbiamente piacere. Credo sia dovuto anche al fatto che ho sempre cercato di continuare a coltivare i rapporti: il fatto che mi sia trasferito non vuol dire che abbia smesso di frequentare gli amici o i miei concittadini, per me questo è un aspetto importante e di conseguenza la gente probabilmente lo percepisce e mi vuole bene»

Essere grandi con umiltà: è forse questo il segreto del successo?

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