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Guerre, cambiamento climatico, povertà, migrazioni,…: dopo gli anni tremendi della pandemia, viviamo oggi avendo dinnanzi scenari di inaudita preoccupazione.

Il dramma più grande è costituito dai conflitti in corso in Ucraina e in Terra Santa, ma anche in Siria e in diversi paesi dell’Africa e dell’Asia.

Secondo il BAS- Bulletin of the Atomic Scientists, l’organizzazione che annualmente, dal 1947, tiene il polso dei pericoli di un olocausto nucleare e non solo, l’Orologio dell’apocalisse (‘Doomsday Clock’)  è stato spostato in avanti “a 90 secondi dalla mezzanotte”: praticamente, siamo a un passo dalla catastrofe globale. Viviamo in un periodo di pericolo senza precedenti, e secondo gli scienziati, l’avvicinarsi dell’Armageddon tiene conto del Covid-19 e della crisi climatica e si è aggravato a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia esponendo l’intera umanità al rischio crescente di una catastrofe nucleare.

La sconsiderata azione terroristica di Hamas nei confronti di Israele ha ulteriormente amplificato il livello del rischio riaprendo, per la decima volta, il conflitto arabo-israeliano. Quando vennero firmati gli accordi di Oslo del 1993, sembrava che finalmente la pace in quei territori avesse trovato una strada, ma poi la situazione è cambiata: l’odio, gli interessi, l’ignoranza e la mancanza di incontro fra le persone hanno costruito tanti muri dentro i cuori, difficili da abbattere.

Altro scenario che desta preoccupazione è quello costituito dal problema dei cambiamenti climatici. Tant’è che papa Francesco, dopo otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, ha ritenuto di dover editare un nuovo documento, l’Esortazione apostolica Laudate Deum, perché – scrive – “Mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti.”

Un terzo scenario è quello evidenziato dal recente Rapporto Istat che certifica una drammatica crescita dell’indice di povertà (assoluta e relativa) delle famiglie del nostro Paese, con particolare riguardo alle regioni del Sud.

E si potrebbe continuare.

Di fronte a tutte queste sfide desta stupore lo scorrere della vita nelle nostre città come se nulla stia accadendo che ci riguardi da vicino. Non è solo l’apatia atavica che ci caratterizza. E’ la cultura dell’indifferenza che si va affermando, che è l’esatto contrario del motto di don Milani “I care”, “mi interessa, mi riguarda, me ne prendo cura”. E purtroppo non riguarda solo la società civile, anche la nostra Chiesa locale non è immune da questa patologia.

È proprio dalla «cultura dell’indifferenza» che Papa Francesco mette in guardia, invitando ad assecondare «il primo passo che Dio fa sempre verso di noi» e a guardare ai bisogni delle persone, soprattutto i più poveri, «senza mai voltarsi dall’altra parte».

Spiega Bergoglio: «il cuore di Dio, il cuore di Gesù si commuove, vede la gente che soffre, e non può restare indifferente: l’amore è inquieto, l’amore non tollera l’indifferenza, l’amore ha compassione».

Come si fa a rimanere indifferenti di fronte all’evidenza di certi eventi di portata globale? Basta pregare? Basta partecipare ad una veglia?

Davanti ai drammi attuali l’unica fiducia viene dalla gente semplice, che compie gesti di pace ogni giorno; e dai giovani – come quelli della GMG di Lisbona – che hanno il coraggio di scendere nelle piazze per dire “no alla guerra”, consapevoli che le guerre vengono dichiarate dai ricchi e potenti, che poi ci mandano a morire i figli dei poveri; e che in ogni guerra il 90% delle vittime sono civili, persone che non hanno mai imbracciato un fucile; che non sanno neanche perché gli arriva in testa una bomba.

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