Titolo della settimana: Music box – Prova d’accusa di Costantino Costa Gravas ,1989.

Mike Lazlo, cittadino ungherese naturalizzato americano, viene accusato dal governo statunitense di essere stato in passato un criminale nazista, la figlia Ann, stimato Avvocato ne assume la difesa. La donna è convinta che il padre sia vittima di un complotto o di una vendetta del governo comunista ungherese, inizia un duro processo, con testimonianze di persone sopravvissute ai campi di sterminio, giunte anche dall’Ungheria, ché riconoscono nell’uomo il carnefice delle loro famiglie. Può essere che un onesto cittadino e lavoratore, che ha cresciuto in America, da solo due figli, uno reduce del Vietnam e l’altra, un Avvocato di rango, essere stato uno spietato assassino delle SS ?

Ann riuscirà a far scagionare l’uomo dalle infamanti accuse, ma un viaggio a Budapest svelerà una verità oscura e amara. Costa Gravas, regista greco, classe 1933, ha sempre combattuto con le armi del cinema, qualsiasi regime totalitario, a cominciare dalla sua terra, la Grecia, con Z l’orgia del potere ha affrontato la dittatura dei Colonnelli, con l’Amerikano ha criticato l’appoggio del governo USA ai dittatori sudamericani, col capolavoro Missing – Scomparso ha puntato il dito contro il Cile di Pinochet, con Music box ci riporta all’olocausto, ferita sempre aperta, tra le pieghe di un dramma familiare e processuale, avvalendosi di una sceneggiatura del talentuoso Joe Eszterhas, Flashdance e Basic instinct tra i suoi grandi successi.

Film sottostimato e forse poco conosciuto, che invece riesce a commuovere e toccare nel profondo e ci parla dell’impossibilità di sfuggire al passato. Intensa e sofferta l’interpretazione di Jessica Lange, che gli valse una nomination Oscar , non è dà meno Armin Mueller Sthal. Gravas non usa flashback o immagini di repertorio, lasciando la parola ai testimoni del processo, parole che valgono più di qualsiasi immagine. Un ottimo film che merita di essere riscoperto, perché solo un grande regista poteva coniugare nella stessa pellicola, rendendo il tutto credibile, giustizia, il dramma di una famiglia che con lo scorrere del film rischia di sgretolarsi, la Lange da antologia quando non sa come dire ai figli la verità sul loro nonno, nonché suo padre, e l’olocausto. Soltanto alla fine si capirà il significato del titolo. Pellicola premiata con l’orso d’oro al Festival di Berlino nell’anno della caduta del muro.

Film super consigliato e buona visione

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