Un pensiero di Lisa Rubino membro del direttivo ORSA –organizzazione sindrome di Angelmann- e presidente del Coprodis, il coordinamento della disabilità

“Un giorno raro per celebrare le malattie rare” il 29 febbraio. Ha esordito così Lisa Rubino, facente parte del direttivo di Orsa –organizzazione sindrome di Angelmann-, associazione aderente al Coprodis –coordinamento provinciale disabilità- di cui è tutt’oggi presidente.

Ma cos’è una malattia rara?  Direttamente dal sito dell’Omar -osservatorio delle malattie rare-  scopriamo che una malattia si definisce rara “quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In Europa la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, non più di 1 caso ogni 2000 persone.
Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate è di circa 10.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e di circa 30 milioni in Europa. [Fonte: Eu Commission] Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica”.

Ecco qualche numero in Italia: “In base ai dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola. Il 20% delle patologie coinvolge persone in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni). In questa popolazione di pazienti, le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e i disturbi immunitari (20%). Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) o del sangue e degli organi ematopoietici (18%)”. [Fonte: ISS 2015]

“Le malattie cosiddette rare –ha continuato Lisa Rubino-, le possiamo pensare meno rare se consideriamo che riguardano tutte il grande e conosciuto mondo della disabilità. Con esse possiamo confermare tutte le difficoltà che afferiscono al mondo della disabilità e a tutto ciò che rende più difficile lo svolgimento delle azioni della vita quotidiana di una persona che ne è affetta e non solo. Infatti, dietro ogni individuo c’è il suo nucleo familiare”.

Cosa fa allora la ricerca per queste malattie rare?  “Alcune patologie proprio perché poco diffuse e/o incidenti –ha affermato Rubino-, non sollevano gli interessi della ricerca. Dunque, la ricerca viene sostenuta spesso dalle stesse associazioni di familiari a livello nazionale come, ad esempio, Orsa. Ma una persona affetta da una malattia rara deve essere assistita continuamente e di questa assistenza se ne fanno carico i familiari.

Ma non finisce qui, perché come ha concluso il presidente del Coprodis, “spesso le riabilitazioni e le cure  sanitarie che  le persone con una malattia rara  devono sostenere sono a carico della famiglia, per cui si deve pensare tanto alla qualità di vita delle persone colpite, quanto alla stessa qualità di vita dei familiari che li assistono”.

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