PER UN NUOVO MODELLO DI AGRICOLTURA

Nemmeno quest’anno le api siciliane hanno potuto bottinare i loro fiori. Le improvvise fioriture in pieno inverno e le successive sabbie africane hanno minato significativamente la produzione del prelibato miele decantato già da Ovidio e Virgilio. Il persistere della siccità, inoltre, ha compromesso la qualità degli agrumi e delle altre produzioni irrigue.

In occasione dalla Giornata mondiale dell’Ambiente riproponiamo il testo integrale dell’intervento di Fabio Moschella, imprenditore agricolo siracusano, tenuto il 22 aprile 2024 all’Università di Catania. Il contributo di Moschella, che ringraziamo, è stato anticipato sul numero tipografico di Cammino.

  1. Agricoltura bene comune. L’agricoltura garantisce il benessere e la vita. Gli agricoltori producono insieme cibo e beni pubblici. Creano e custodiscono il paesaggio e l’insieme del capitale naturale, contribuiscono al rispetto della biodiversità degli ecosistemi, conservano la qualità della vita negli spazi rurali. Gli agricoltori sono custodi di cultura materiale e immateriale, storia, tradizioni, valori.  L’agricoltura benché si fondi su un bene privato come la terra, essendo legata alla natura ed alla produzione di beni primari, può essere considerata un bene comune. Il valore dell’agricoltura non può quindi essere confinato in una dimensione economica legata solo al prezzo del prodotto. Per la sua volatila’, per l’affermazione di principi di democrazia alimentare e perché si instaurino relazione eque di filiera, Il mercato dei prodotti agricoli non può essere regolato solo dalla legge dell’offerta e della domanda in quanto l’agricoltura non è omologabile ad altre attività produttive e la sua importanza socioeconomica  non può essere misurabile solo in termini di PIL o di addetti di settore.
  2. La crisi climatica è realtà. Gli eventi metereologici estremi ne sono una delle manifestazioni più evidenti. La Sicilia è considerata un hotspot dei cambiamenti climatici. Si ripetono con costante frequenza: piogge alluvionali, grandine, venti ciclonici, trombe d’aria, lunghe ondate di calore con conseguenti incendi. La siccità sta producendo una serissima diminuzione delle produzioni agricole, un’impennata dei costi energetici per l’attingimento delle acque di falda e aumenti insostenibili dei costi di foraggio, paglia, mangimi.
  3. L’attività umana sta modificando il pianeta. Il consumo di suolo ha ridotto le superfici agricole (un quarto della SAU negli ultimi decenni). La fertilità dei terreni, a causa di usi indiscriminati di fertilizzanti chimici, si è ridotta notevolmente. L’inquinamento delle acque dolci sotterranee, la salinizzazione delle falde e dei suoli sono in continuo aumento. Gli studiosi lanciano allarmi da decenni, eppure, non si placa il negazionismo del clima che diventa ogni giorno di più irresponsabile.
  4. Impensabile continuare a coltivare utilizzando modelli di sviluppo lineari e dissipativi, occorre fermare il collasso degli ecosistemi, vincere le resistenze al cambiamento. Gli agricoltori di oggi e di domani sono i più interessati a rispettare la terra, l’acqua, la biodiversità, il paesaggio, a coltivare terre fertili, ad usare acque pulite per gli usi irrigui, a lavorare in condizioni di salubrità. Il bilancio ecologico delle attività agricole è difficilmente misurabile tuttavia gli agricoltori devono avere consapevolezza che, nell’attuale modello convenzionale, alcune tecniche agronomiche hanno un impatto ambientale che determina consumo eccessivo d’acqua, degrado dei suoli, perdita di biodiversità, emissione gas serra. Negli ultimi sessant’anni sono stati scardinati modelli millenari di produzione e di consumo. La rivoluzione verde con l’uso di prodotti fitosanitari di sintesi ha consentito di ottenere importanti risultati in tutto il mondo a cominciare dalla lotta alla fame ma oggi non possiamo negare che questo modello produttivo ha impatti irreversibili sulla salute umana, sulla biodiversità e sull’ambiente. Non abbiamo mai contato le vittime di malattie legate all’uso di fitofarmaci. Per cinquant’anni si è fatto un uso esclusivamente commerciale dei fitofarmaci, gli agricoltori non hanno mai usato principi e dispositivi di protezione, per sessant’anni parte dell’alimentazione umana è stata contaminata da sostanze tossiche.
  5. Dare vita ad un nuovo modello di agricoltura. Dopo un modello millenario che ha accompagnato l’agricoltura fino agli anni sessanta, interrotto dall’agricoltura industriale, oggi, se vogliamo evitare il collasso degli ecosistemi, dobbiamo dare vita ad un profondo cambiamento dei modi di produzione, commercio, consumo. Un nuovo modello di agricoltura richiede un approccio olistico (sistemico) e quindi visione, cambio culturale, politico.
  6. Siamo di fronte ad un passaggio epocale. Occorre abbracciare buone pratiche agronomiche e inserirle in un contesto moderno alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e delle nuove tecniche. In questo senso diventano fondamentali: il ruolo della scienza purché rispettosa del principio precauzionale, il ruolo della ricerca, dell’assistenza tecnica (capillare), della formazione.
  7. Le politiche pubbliche sono necessarie all’agricoltura. La politica agricola comune è essenziale, non è possibile farne a meno. Un ritorno a politiche nazionalistiche sarebbe devastante sotto ogni profilo, perfino per la pace. La prossima PAC dovrà garantire il rispetto della salute dei consumatori, della terra, della biodiversità, dell’ambiente e i diritti sociali dei lavoratori. Servono incentivi che accompagnino la transizione verso un nuovo modello agroecologico. La transizione ecologica ha con sé straordinari benefici ma ha anche dei costi, le politiche pubbliche, a partire dalla PAC, devono pertanto intervenire per accompagnare gli agricoltori a sostenere tali costi e a fronteggiare l’instabilità dei redditi agricoli.
  1. Il reddito degli agricoltori attivi va tutelato. Lo Stato italiano, in autonomia, destini gli incentivi della PAC prevalentemente in favore degli agricoltori attivi, così come definiti dall’art. 2135 del codice civile. Oggi i soldi della Pac continuano ad andare a poche grandi aziende: l’80% dei finanziamenti premia la rendita fondiaria e l’agricoltura intensiva. Il gap reddituale tra agricoltura continentale e agricoltura mediterranea va colmato, anche in considerazione del bilancio ecologico delle diverse agricolture. A tal fine l’Italia, la Sicilia devono sviluppare politiche di relazione con tutti i paesi euromediterranei per un riequilibrio della destinazione delle risorse della PAC. Gli agricoltori devono poter continuare a produrre in un quadro di sostenibilità economica, ambientale, sociale. Le pratiche agroecologiche devono essere particolarmente incentivate perché abbiano effetti positivi anche dal punto di vista socioeconomico. Migliaia di lavori scientifici dimostrano ormai che è possibile conciliare la logica del profitto con modelli produttivi green. La tenuta del settore è pertanto strettamente legata alla resilienza del tessuto produttivo.
  2. Non serve uno scontro tra agricoltori e ambientalisti. L’ambientalismo scientifico è una risorsa per l’agricoltura, l’agricoltura sostenibile è una risorsa per l’ambiente. Serve un’integrazione virtuosa tra produzione e ambiente.
  3. Un patto politico tra agricoltori e consumatori può determinare un mutamento di scenario negli attuali rapporti di mercato. Agricoltori e consumatori, primi e ultimi nella filiera, sono oggi le vittime sacrificali di un modello economico dominato dalle multinazionali del cibo, della distribuzione commerciale, dalla finanza internazionale, delle industrie di fertilizzanti e agrofarmaci. La globalizzazione, le liberalizzazioni le vicende geopolitiche stanno modificando fortemente il commercio globale e locale penalizzando agricoltori e consumatori. La comunicazione propone modelli di consumo e stili di vita funzionali a modelli di produzione dissipativi. Occorre affermare forme di consumo critico, responsabile, sostenibile, locale ( Agenda 2030 ONU, Commissione UE Piano d’azione europeo per l’economia circolare ).

 

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