Consegnata da Aipd sezione di Siracusa, il fascicolo per la presa in carico sanitaria delle persone con sindrome di Down

Si è svolto presso l’Urban Center di Siracusa il 21 e 22 giugno scorsi, il congresso nazionale di pediatria voluto e organizzato dal pediatra e deputato regionale Carlo Gilistro, con il patrocinio della Sipps –società italiana di pediatria preventiva e sociale- e dell’Ars –assemblea regionale siciliana-.

“Un mutamento profondo del sistema sociale, la nascita della generazione Z e dei nuovi nativi digitali, il radicale cambiamento del rapporto fra pari, famiglia, scuola, sono alla base di una riflessione epocale senza precedenti”. Così Carlo Gilistro ha introdotto il congresso di pediatria sottolineando anche altre priorità da portare avanti: “Purtroppo ancora oggi si registrano lunghi tempi di attesa per le prime vaccinazioni dei bambini e per questo incontrerò i direttori sanitari isolani. Ho presentato un Ddl sull’utilizzo dei cellulari. Ho appena ricevuto un fascicolo dall’Aipd –associazione italiana persone Down- sezione di Siracusa, in merito alla presa in carico sanitaria delle persone con sindrome Down. Occorre un cambio di paradigma e una profonda riforma della sanità”.

Ad aprire i lavori è stato il dott. Francesco Maria Risso, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Terapia Intensiva Neonatale degli Spedali Civili di Brescia. Il dott. Risso ha trattato un tema molto delicato: la presenza del consulente di etica clinica in reparto. L’American Society for Bioethics and Humanities definisce la consulenza etica come “Uun servizio svolto da un individuo o da un gruppo per rispondere alle domande poste da pazienti, familiari, tutori, operatori sanitari o altre persone coinvolte nell’assistenza, in ordine a incertezze o conflitti tra valori che emergono nella pratica clinica” (American Society for Bioethics and Humanities, Core competencies for Healthcare Ethics Consultation, 2012).

Come riporta il Documento di Trento,l’obiettivo della consulenza etica è contribuire al miglioramento della cura dei malati, sia nelle modalità sia nei risultati, attraverso l’identificazione, l’analisi e la risoluzione dei problemi etici. La consulenza etica è una consulenza specialistica analoga alle altre consulenze svolte in ambito ospedaliero, con alcune accentuazioni e peculiarità: una più attenta e mirata opera di relazione e dialogo e un pluralismo più marcato sia nel metodo sia nei contenuti” (Gruppo Nazionale di Etica Clinica e Consulenza Etica in ambito sanitario, Documento di Trento, 2013).

La consulenza in etica clinica è chiamata a rispettare il profilo etico e clinico in egual modo; non può esserci aprioristica prevaricazione di un ambito sull’altro. Qualora dovesse prevalere il ragionamento filosofico, il rischio sarebbe quello di offrire una riflessione troppo formale che non entra realmente nello specifico del caso concreto per il quale il consulente di etica clinica è interpellato. Al contrario, se dovesse imporsi un ragionamento prettamente clinico, il rischio sarebbe di non riuscire a bilanciare in modo adeguato l’evidenza del dato scientifico con il dilemma etico che può nascere dalla storia clinica, personale e relazionale di quel singolo paziente e, ove presenti, dei genitori (F. Nicoli, E’ bene per il paziente?, La chiave di Sophia, 2018).

L’eticista clinico in TIN -terapia intensiva neonatale- è parte dell’équipe, garantisce la sua presenza in reparto anche durante gli incontri con i genitori, offre il proprio contributo in un dialogo multidisciplinare, analizza e offre ipotesi risolutive ai dilemmi etici e infine offre la possibilità di condividere dubbi e perplessità sul percorso di cura.

 

Il dott. Risso ha ripreso anche la legge n 219 del 22 dicembre 2017 e in particolare l’articolo 1 comma 6  ovvero “Il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale”, l’articolo 2 comma 2 e cioè “Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati” e infine l’articolo 3 comma 5 che così recita: “Nel caso in cui il rappresentante legale della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria”.

Tali riferimenti hanno permesso di affrontare alcune questioni delicate di etica clinica quali il criterio di appropriatezza clinica e il giudizio di proporzionalità terapeutica. Infatti, come ci ricorda il dott Risso, ritenere un trattamento clinicamente appropriato non significa necessariamente poterlo considerare proporzionato, così come, se è eticamente giusto non iniziare un trattamento in specifiche circostanze è anche eticamente giusto sospendere lo stesso trattamento nelle medesime circostanze (Berlinger N, Jennins B, Wolf SM, The Hastings Center Guidelines for Decision on Life-Sustaining Treatment and Care near the End of Life, New York, Oxford University Press, 20132).

Un intervento molto interessante, mirato ai rischi nutrizionali delle diete selettive è stato svolto dal prof Giovanni Corsello, Ordinario dell’Università degli studi di Palermo.

Il professore ha sottolineato quanto l’alimentazione in età evolutiva influenzi, in maniera determinante, lo sviluppo e la crescita dall’epoca neonatale sino all’età adulta, ma soprattutto, ha evidenziato il ruolo della nutrizione quale processo metabolico dell’alimentazione che incide sulla identità biologica di ogni individuo e sulla sua salute anche a distanza.

La donna in gravidanza deve avere un’alimentazione bilanciata. Occorre evitare i sovraccarichi calorici e proteici, evitare di aggiungere sale e zuccheri semplici ai cibi, incrementare e adeguare l’apporto di fibre e prevenire deficit di micronutrienti (ferro, zinco, iodio e vitamine).

Il latte vaccino è sconsigliato nel primo anno di vita perché, ci ha messo in rilievo il professore, “Ha un eccessivo apporto proteico, di sodio e potassio, inadeguata biodisponibilità di ferro, scarso apporto di vitamine idro e liposolubili, di acidi grassi essenziali, di oligoelementi (ad esempio lo zinco), proteine e grassi di difficile digestione e lento assorbimento e rischio di perdite ematiche fecali (anemia sideropenica)”.

Corsello ha anche messo in luce quanto sia pericoloso per la donna che allatta, seguire un’alimentazione selettiva e soprattutto farla seguire ai figli in età evolutiva, per la carenza di proteine e oligoelementi necessari allo sviluppo del bambino.

prof. Corsello

Il dottore Massimo Tirantello, direttore del reparto UTIN –unità di terapia intensiva neonatale- dell’ospedale “Umberto I” di Siracusa, ha affrontato nello specifico, l’argomento del latte materno, portando all’attenzione degli intervenuti, diversi aspetti nutrizionali del latte materno anche rispetto al latte vaccino. Infatti il latte materno ha un ottimo contenuto calorico (65 kCal/100ml), è ricco di fattori correlati alle difese immunitarie, contiene enzimi, ormoni, fattori di crescita, contiene oligoelementi 1000 volte in più rispetto al latte vaccino e migliora lo sviluppo cognitivo del lattante. Tirantello ha poi esortato la Regione Siciliana ad investire risorse sul latte materno: “La Regione Siciliana dovrebbe rivedere le politiche di investimento e promozione dell’allattamento materno, inserendo un capitolo di spesa nel proprio piano economico. In Italia ci sono 44 BLUD –banche del latte umano donato- e in Sicilia appena 5, una sola nella parte occidentale dell’Isola. Dovremmo anche pensare a chi non può, per donare il latte, venire giornalmente in ospedale e dunque dovremmo pensare a un servizio porta a porta, ma dovremmo utilizzare delle attrezzature per poter tirare, conservare questo latte in buone condizioni e trasportarlo. Occorrono risorse economiche che al momento non abbiamo”.

Si è parlato anche di disforia di genere con il dottor Gianluca Tornese, dipartimento universitario clinico di scienze mediche, chirurgiche e della salute dell’Università degli studi di Trieste. Ma cosa si intende per disforia di genere? “Non dobbiamo solo chiederci di cosa stiamo parlando ma, soprattutto di chi. Ci riferiamo anzitutto a persone, in particolar modo bambini e bambine, che sin dalla più tenera età, manifestano il desiderio di vestirsi come i coetanei dell’altro sesso, prediligendone anche i giocattoli e sentendosi in tutto e per tutto come loro”. Il problema si verifica quando, crescendo, questi/e bambini/e sono allontanati/e dai pari perché ritenuti/e non conformi alla massa ed ecco che si verificano episodi di autolesionismo, violenza, comportamenti oppositivi a scuola e con gli adulti. Ecco alcune tra le domande che si fanno: “A quale categoria sento di appartenere intimamente e psichicamente? A quale genere appartengono le persone che mi attraggono”? Secondo la teoria di Kohlberg, tra i 2 e i 3 anni c’è una prima identificazione di sé e degli altri in maschio e femmina, tra i 4 e i 5 anni c’è la cosiddetta “stabilità di genere”, cioè i bambini diventeranno uomini e le bambine donne, ma è tra i 6 e i 7 anni che si manifesta la persistenza del genere cioè si è maschi o femmine indipendentemente dalle situazioni. In realtà dobbiamo confrontarci con due concetti: la disforia di genere (descritta nel DSM-5 del 2013, cioè il manuale della diagnostica e statistica del disordine mentale) è la insofferenza ovvero il distress che accompagna il sesso con l’identità di genere, mentre l’incongruenza di genere, nasce nel 2018 ed è descritta nell’ICD-11 (classificazione internazionale delle malattie) come una marcata incongruenza tra il genere esperito di un individuo e il sesso assegnato.  Secondo il dottor Tornese (nella immagine in evidenza) e i suoi studi, occuparsi di queste condizioni soprattutto in età precoce, riduce di un buon 57% i suicidi ed evita casi di disturbi psichiatrici e automutilazione. Come agire allora? “Il protocollo olandese –ci ha spiegato- prevede che tra gli 11-12 anni e tra i 15-16 anni si può intraprendere una terapia farmacologica frenante totalmente reversibile, dai 15 ai 18 anni si può utilizzare una terapia affermativa parzialmente reversibile, oltre i 18 anni si parla di chirurgia irreversibile”. Ovviamente tutto avviene con la supervisione e la partecipazione dei genitori, dell’équipe multidisciplinare fatta dallo psicologo dell’età evolutiva, dal pediatra endocrinologo, dal neuropsichiatra infantile e dal bioeticista. In Italia il farmaco che accompagna chi vuole intraprendere questo percorso è la triptorelina,  prescritto, è bene sottolinearlo, dopo un’attenta valutazione multiprofessionale.

Da sinistra Lucangeli e Gilistro

L’intervento della professoressa Daniela Lucangeli, Università degli Studi di Padova, sul passaggio dal parental phubbing al digital babysitting, ha catalizzato l’attenzione delle oltre 200 persone presenti in sala. Phubbing è la fusione di due parole e cioè phone e snubbing in altre parole,  snobbare qualcuno in ambiente sociale utilizzando lo smartphone. Purtroppo l’utilizzo smodato dello smartphone ha creato una rivoluzione, non in positivo, nel rapporto tra genitori e figli.  “La dipendenza e la smania per il telefonino o altro, -ha introdotto Lucangeli-, dipendono da una complessa interazione di sostanze chimiche nel cervello in primis la dopamina”. Infatti, questo neurotrasmettitore della motivazione e del comportamento alla ricerca di ricompense, consente il formarsi di un’abitudine o di una ricompensa. “Ogni volta che il tuo telefono suona e lo controlli per vedere un testo, un like o un messaggio – ha affermato la professoressa-, il tuo cervello ti premia con una dose di dopamina”. Col passare del tempo dunque, la dopamina verrà rilasciata prima a e più tardi, ogni telefonata crea una impennata della dopamina, dunque controlleremo sempre più spesso il telefono per ottenere la ricompensa.

Sono stati moltissimi gli interventi svolti ma soprattutto è stato un confronto tra pediatri di tutta Italia su come curare in maniera efficace, non trascurando nessun dettaglio, i nostri bambini, vera e unica risorsa del nostro domani.

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