9 Giugno 1990, tutti i televisori d’Italia sincronizzati su Rai uno.
E’ la prima partita dell’Italia nel suo mondiale, quello organizzato in casa. Il primo dal 1934. I nostri avversari austriaci si difendono bene e stanno riuscendo ad ottenere quello che volevano: uscire imbattuti dal confronto con i padroni di casa nella loro partita d’esordio. Gli azzurri, davanti ad uno stadio Olimpico stracolmo, hanno avuto solo una grande occasione con Andrea Carnevale che però da buona posizione ha sparato addosso al portiere. Quando manca un quarto d’ora alla fine, Azelio Vicini si gioca l’ultima carta. Fuori Carnevale e dentro Salvatore Schillaci da San Giovanni Apostolo, periferia di Palermo. E’ la storia del calcio apre un libro indimenticabile . A Toto’ bastano tre minuti per acchiappare una vittoria voluta, inseguita, braccata ma che continuava a sfuggire. L’azione è da manuale: Donadoni lancia Vialli, breve corsa palla al piede e cross splendido. Schillaci, al centro dell’area, si alza e incorna in rete. Esplode lo stadio, mentre il monitor rimanda la faccia di Schillaci impietrita da una gioia che nemmeno lui saprà mai raccontare. E’ il minuto indimenticabile in cui iniziarono le notti magiche. Schillaci non si fermerà più. Sotto i suoi goal cadranno una dopo l’altra, in crescendo di entusiasmo di tutti gli italiani, gli Stati Uniti, la Cecoslovacchia, l’Uruguay e l’Irlanda. Anche in semifinale, contro l’Argentina del divino Maradona , Totò Schillaci lascerà il segno. Ma stavolta l’ennesima magia non sarebbe bastata. Gli azzurri, in una notte che a distanza di trentaquattro anni ci porta ancora amarezza, lasciarono il mondiale alla soglia della finalissima, dopo la drammatica lotteria dei calci di rigore.
In quelle notti nacque in Italia il mito di Toto Schillaci.
Noi siciliani avevamo già imparato a conoscerlo. Con i suoi goal aveva portato in alto il Messina, dalla serie C2 alla serie B dopo che lui, palermitano, non fu acquistato dal Palermo per una manciata di milioni di lire. A suon di goal in B ed in C era arrivato il grande momento. Il passaggio alla Juventus. Sei miliardi di lire per raggiungere la ribalta del grande calcio.
La maglia della Juve gli consenti la chiamata in nazionale. Nella Juve segnò i suoi goal, idolo dei tifosi venuti dal sud che ormai rappresentano una grossa parte del tifo bianconero. L’arrivo di Gianluca Vialli lo mise però ,dopo qualche tempo ,ai margini del progetto. La separazione burrascosa con la moglie che riempi le pagine rosa di mezza Italia. Si trasferì all’Inter dove segno’ i suoi goal senza però brillare. Il periodo magico era passato. Concluse la carriera in Giappone, al Jubilo Iwata. Si trovò a suo agio negli anni orientali, anche perché il livello non era certo quello della nostra serie A. Ma poi arrivò il giorno di chiudere la carriera.
Tornò in Italia. Si dedico alle scuole calcio che creo’ nella sua Palermo, per fare in modo che qualche altro ragazzo del sud potesse raccogliere il suo testimone. Poi la malattia, inesorabile, e la fine che non cancella gli occhi spiritati delle sue esultanze dopo i goal mondiali. Accompagnate dalle nostre urla che coprivano la voce di Bruno Pizzul. Schillaci è morto. Schillaci è vivo. Sono vive le notti magiche inseguendo un goal. E’ stato un eroe popolare. Figlio del popolo, deriso a tratti per le sue ingenuità, amato oltre ogni confine per quella stessa semplicità che trasformava il calcio in un amore di tutti. Schillaci è morto, ma i suoi sogni vivranno per sempre.