Proviamo oggi a sintetizzare quanto, in parte, in questi anni è stato portato avanti dalla task force –TF– sulla sindrome di Down –sD-, per quanto concerne la conoscenza a livello organico di cosa non funziona in modo ottimale nelle cellule delle persone con sD.
Oggi metteremo a fuoco la causa che porta a tutto quanto concerne la sindrome di down (sD), ovvero quei piccoli organi cellulari molto importanti nel nostro organismo cioè i mitocondri.
I mitocondri si trovano in tutte le nostre cellule e sono la centrale energetica del nostro organismo.
I nutrienti che assumiamo attraverso l’alimentazione e l’ossigeno che respiriamo sono così elaborati all’interno del nostro organismo per produrre Atp –adenosintrifosfato-, cioè l’energia che serve a tutti gli organi per funzionare in maniera corretta ed efficace.
I mitocondri richiedono energia per funzionare e se non funzionano in maniera corretta, ciò influisce su ogni parte del nostro corpo. I muscoli, il sistema immunitario e il cervello sono alcune tra le zone più ricche di mitocondri e di energia del corpo umano. In una situazione di stress acuto, i mitocondri dirottano la produzione di Atp verso il sistema immunitario e successivamente stimolano percorsi antinfiammatori e rigenerativi per ripristinare la guarigione. Tutto ciò compromette la capacità degli organi di mantenere l’energia e la funzionalità efficiente.
Nella sD i mitocondri non funzionano in modo corretto perché la presenza di alcuni geni riducono l’attività di altri geni ed enzimi che regolano la struttura e la funzione mitocondriale. Ciò è riconosciuto come una causa primaria di disabilità intellettiva e progressione neurodegenerativa verso alcune malattie.
L’invecchiamento precoce nelle persone con sD, ad esempio, è dovuto proprio alla scarsa funzione mitocondriale e allo stress ossidativo -l’insieme delle alterazioni che si producono nei tessuti e nelle cellule quando queste sono esposte ad un eccesso di agenti ossidanti quali, principalmente, ossigeno e azoto, ndr- delle cellule.
Lo squilibrio tra la generazione di stress ossidativo e la rete di difesa antiossidante, provoca la produzione cronica di radicali liberi e dunque danni a importanti processi cellulari.
Ricordiamo inoltre, che lo scarso tono muscolare, i difetti cardiaci, il diabete di tipo 2, l’obesità, i disturbi immunitari e i tratti autistici sono, nella sD, manifestazioni di disfunzione mitocondriale.
Quali i rimedi per tutto ciò? C’è un grande fermento all’interno della comunità scientifica, come ci ha fatto notare il prof. Lucio Nitsch, professore emerito della Università “Federico II” di Napoli e coordinatore della TF sulla sD e sono tanti i medici e i ricercatori che stanno mettendo a disposizione della scienza i loro studi.
Ne citiamo due a titolo di esempio.
L’equipe della dottoressa Anna Vacca, dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica, biotecnologie molecolari di Bari (IBIOM-CNR), si è concentrata sull’invecchiamento precoce, il quale può essere combattuto grazie alla polidatina, in altre parole un polifenolo idrosolubile e altamente biodisponibile, molto resistente all’azione enzimatica, che riattiva la produzione mitocondriale di Atp, che oltre, come abbiamo già visto, a produrre energia nella cellula, ne riduce la iperproduzione di radicali liberi, cioè le molecole di cui abbiamo scritto precedentemente, responsabili dell’invecchiamento cellulare e del danno al DNA indotto dallo stress ossidativo.
Un rimedio per migliorare la memoria e il funzionamento psicologico di bambini e adolescenti con sD è stato proposto dal gruppo di studio del prof. Stefano Vicari presso l’Irccs Ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, con l’introduzione di un farmaco diuretico sperimentale il Bumetanide.
C’è ancora tanto da fare per la ricerca sulla sD ma non bisogna abbassare la guardia, perché la posta in gioco è molto alta e riguarda la qualità della vita di persone che hanno diritto ad una vita autonoma e stimolante come quella di tutti noi.