Storia di un territorio fatto a ‘pezzettini’

di Franco Valenti

Lentini e Carlentini sono due comuni della zona nord della provincia di Siracusa. I due centri urbani sono separati solo da una strada ed è spesso non semplice distinguerne i confini amministrativi. La loro unione in un’unica città periodicamente si ripresenta come le brezze di primavera, suscitando interesse, speranza, disinteresse e anche contrarietà, a seconda che il problema venga posto da una o l’altra comunità o gruppo politico. I due comuni hanno un vasto territorio, che va dalle pendici settentrionali dei monti Iblei alla Piana di Catania con a est il mare Ionio. In età medievale inizia la trasformazione sociale e amministrativa di quella che una volta era la florida chora di Leontinoi.

Lo storico francofontese Matteo Gaudioso cosi descrive il paesaggio della città: “Lentini dal Tirone, dal Castellaccio e dal Castello nuovo, tutta cinta di solide mura, dominava ogni cosa. Varie porte erano aperte nelle mura, quella di mezzogiorno da cui svolgeva la strada per Siracusa, e quella di settentrione da cui si svolgevano le numerose trazzere che conducevano ai campi Leontini e la strada di Santa Maria degli ammalati che conduceva a Catania. Dall’alto del Tirone o del Castellaccio o della Meta, l’occhio spaziava per lungo tratto, e l’armigero di scolta era pronto a ricevere ogni segnalazione, che fosse venuta dalla torre di Agnone o da quella di San Calogero sul mare, o da quella del Pantano o di Sambuci, col prossimo casale. Ed ecco poi la villa di Silvestro con casale e la poderosa torre. In fondo a sinistra, molto lontano quella di Palagonia, affiorante dal mucchio di case circostanti e il fortilizio di Militello, borgo assai grosso il più popoloso dopo Lentini.” Un territorio immenso, popoloso, ricco, percorso da pellegrini, soldati, mercanti, semplici viaggiatori. Ricco di boschi di faggi querce nelle aree montane, uliveti e vigneti sulle colline e poi ancora pascoli, immensi campi di grano, di orzo, di farro, legumi come le fave e ceci, risaie e grandi barche che, risalendo il fiume di Lentini, poi denominato con l’arrivo dei templari San Leonardo, approdano sin dentro la città trasportano le merci da e per il vicino porto alla foce del fiume. La prima modifica politica e amministrativa e cessione di una piccola parte di territorio avviene nel 1233-34, con la fondazione di Augusta, voluta da Federico II di Svevia, che deportò gli abitanti della ribelle Centuripe per popolare la nuova città. Alla nuova città furono concessi tra gli altri diritti di godimento dei feudi compresi tra Roccadia e la foce del San Leonardo. Nel 1269 con la concessione ai cittadini di Giarratana e Ferla del diritto di pascolo, ius pascendi, nei casali dei feudi di Randacina, Randachini nel testo latino e Pidachi, l’attuale Pedagaggi una parte del territorio montano pur rimanendo ancora sotto l’amministrazione di Leontini passa di fatto sotto l’influenza di Ferla e del barone Damiano Rubeo di Mineo signore di Xirumi.

Nel XIV si forma il casale di Francofonte, per opera di Artale Alagona, nel feudo Bulfida. Le decime ecclesiastiche del 1366 lo descrivo come un fortilizio, Fortalicium Francofontis. Nel 1394 Francofonte, insieme ai feudi di Ossena e Chadra, passa nelle mani del barone Berengario Cruyllas. Si ha quindi un ulteriore smembramento del territorio leontino. Il terremoto del 1542 con la distruzione di molte città del Val di Noto, tra le quali Lentini e soprattutto delle sue fortificazioni pongono a premessa per la fondazione di Carlentini, infatti gli ingegneri militari spagnoli ritengono economicamente più favorevole edificare una nuova città fortificata sul colle Meta che riparare e ricostruire le mura di cinta di Lentini. La nuova città verrà fondata nel 1551 con il nome della Lentini di Carlo, cioè Carlentini e progettata dall’architetto militare Pietro di Prato. La nuova città inoltre avrà lo stemma di Lentini, con il leone rampante e il motto che la definisce Cesarea ovvero di fondazione imperiale e inespugnabile, almeno nelle intenzioni degli ingegneri militari spagnoli. Per convincere la popolazione di Lentini e delle città vicine a trasferirsi nella nuova città, il viceré De Vega concede a Carlentini molti privilegi, tra le quali l’esenzione delle tasse e l’estinzione dei debiti con lo stato per coloro che si trasferiranno nella nuova città parte del territorio di Lentini e il trasferimento della annuale fiera, le cui gabelle dovevano servire per costruire la chiesa madre. Trasferimento che avverrà a partire dal 1553. Successivamente Lentini riotterrà nel 1559 la sua fiera e si impegnerà a pagare 450 scudi per la costruzione della chiesa madre. Nonostante questi privilegi Carlentini non ha un territorio paragonabile, anche se in parte ridotto, a quello di Lentini. Nel frattempo La crescita demografica e d economica di Francofonte, che nel 1565 diventa marchesato la pongono in diretta concorrenza con Lentini, privando quest’ultima di alcuni feudi. Nel 1568 il feudo di Buccheri viene scorporato dal territorio di Lentini. Nel 1630 Carlentini passa sotto il controllo dei Branciforte e perde lo status di città demaniale, che riotterrà nel 1634. Nel frattempo i feudi di Palagonia, Militello e Scordia  sono separati definitivamente dal territorio di Lentini.

Nel 1657 Augusta acquista la borgata di Brucoli, sino ad allora nel territorio di Lentini, che diventa una frazione della città, privando Lentini di una parte della sua costa. Nonostante queste vicissitudini Lentini possedeva ancora un vasto e ricco territorio pari a salme 19.392 circa utilizzato per orti, pascoli, vigneti, uliveti, boschi, sommacheti, fichi d’India, seminativi e risaie, quest’ultime occupavano circa 141 salme e poi aveva la più grande risorsa economica costituita dal lago, con i proventi della pesca. L’attuale assetto territoriale risale al 15 gennaio 1857, dopo che una sentenza del consiglio di intendenza del 27 gennaio 1844,  confermata dalla Regia Consulta nel febbraio del 1845 smembrò il territorio di Lentini assegnandone circa due quinti solo a Carlentini e altre parti ad Augusta, Ferla e Melilli.

La ripartizione fu ufficialmente fatta con criteri che tenevano conto della consistenza demografica delle città. A Carlentini fu data tutta la zona montana, al confine con i territori di Sortino, Ferla, Francofonte e il casale di Pedagaggi e parte della costa ionica dal San Leonardo sino a quasi la foce del Gornalunga. Augusta ricevette l’area costiera da Brucoli sino al San Leonardo compresi gli antichi feudi del Murgo, Roccadia e San Leonardo. A Melilli il feudo di San Giuliano, monte Cassara, Conventazzo, Porrazazito. Un ulteriore modesto aggiustamento dei confini dei territori comunali fu effettuato nel 1877 a seguito di controversie tra i comuni di Lentini, Francofonte, Carlentini, Sortino, Ferla e Augusta.

Nonostante a vastità e la diversificazione orografica del territorio, Lentini e Carlentini non hanno saputo sfruttare appieno le sue risorse, infatti già alla fine del XIX secolo si riscontrava un generale impoverimento dei suoli e la loro scarsa produttività soprattutto cerealicola. La conversione nel XX secolo alla monocultura agrumicola, dopo circa 50 anni di effimero sviluppo ha fatto perdere al territorio le sue potenziali diversità agricole e la capacità di re-inventarsi o riscoprire nuovi modi di utilizzarlo. A questo va aggiunto lo scellerato prosciugamento del Biviere e il suo rifacimento nell’arco di 100 anni, che oltre allo spreco di risorse pubbliche ha portato alla perdita di una delle più floride economie dell’isola, come la pesca, la coltivazione del riso e della canapa senza contare alla perdita irreversibile antropologica di tecnologia e sapienza. Sapranno le due comunità trarre insegnamento della storia o come diceva qualcuno: “la storia è maestra, ma ha pochi allievi”?

 

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