Dalla seconda Assemblea sinodale emerge il ritratto di una Chiesa che ascolta, si confronta senza paura e sceglie di rallentare per fedeltà allo Spirito. Nessuna ribellione, ma un cammino comune che cresce nella fatica e nella speranza

“La profezia più che scriverla, si vive”. Luca Baraldi, delegato della diocesi di Carpi, sintetizza così la seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, che si è svolta a Roma dal 31 marzo al 3 aprile. In aula Paolo VI, tra parole e silenzi, è emersa una Chiesa in cammino, capace di ascolto reciproco e di passi nuovi. Alessandro Pacchioni, della diocesi di Città di Castello, racconta di aver vissuto “la bellezza di una Chiesa in cui il popolo di Dio e i pastori camminano insieme, in ascolto dello Spirito, per discernere i segni dei tempi. È stato un cammino carico di attese e speranze, che si è sviluppato passo dopo passo, arricchendosi delle indicazioni e delle esigenze che via via sono emerse”. Valentina Furlanetto e Federico Favaro, delegati diocesani di Venezia, descrivono un clima familiare:
“Il volto di Chiesa che abbiamo visto è quello di una famiglia. Una famiglia in cui tutti si sentono liberi di esprimersi e vengono ascoltati senza giudizio,
dove si vuole far memoria della storia vissuta per non perderne la ricchezza e si è disposti a mettere in discussione le scelte già compiute in vista di un bene più grande”. Pasquale Ciuffreda sottolinea che “la Chiesa non è un’entità separata dalla vita quotidiana, ma una comunità che sa ascoltare l’umano, si lascia attraversare dalle vite, dai silenzi e dalle difficoltà. Solo così saremo una Chiesa viva, con il cuore pulsante dei giovani capaci di trasformare il presente e costruire il futuro con coraggio e fede”. Emanuele Boccali, ventenne di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ricorda che “il coraggio e la gioia di essere cristiani accomuna ancora oggi molti giovani, ispirati dagli esempi di Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. È stato bello vedere l’attenzione ai giovani e alla loro pastorale”.
- (Foto Siciliani-Gennari/SIR)
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La sinodalità, emersa come esperienza prima ancora che metodo, ha attraversato tutte le giornate. Emilia Di Biase, dell’arcidiocesi di Campobasso-Bojano, parla di “camminare esposti alla sapienza del Vangelo. Non pensare tutti allo stesso modo, ma confrontarsi con franchezza, in un’unità superiore che nasce dallo Spirito”. Carlo Tartari osserva che “il diaballo ha provato a far prevalere le divisioni, sfruttare le divergenze, ma ha trovato uomini e donne animati dall’amore per il Signore, per la sua Chiesa, per il suo Regno. Non ha prevalso”. Rosa Morelli, della diocesi di Brindisi-Ostuni, legge nell’assemblea “responsabilità, ascolto e audacia. Responsabilità nell’intervenire, ascolto reciproco, audacia nel riconoscere che è il tempo di scelte coraggiose”. I delegati di Palermo raccontano che
“il cammino del Popolo di Dio procede, forse lentamente e con qualche difficoltà, ma sui sentieri di vita, di libertà e di gioiosa fraternità che Dio apre davanti a noi. È un’esperienza bella di Chiesa, in cui lo Spirito Santo non ha tardato a farsi sentire”.
Don Maurizio Mirai sottolinea che “la sinodalità è uno stile che invita ad essere una Chiesa che non comanda ma accompagna, che non decide da sola ma discerne insieme, alla luce dello Spirito”. Silvia Mancini parla di “un invito ad uscire dalla propria comodità personale e comunitaria verso piste inesplorate. È nella fatica del confronto che si avanza”. La delegazione di Chieti-Vasto scrive: “Con la gioia nel cuore continuiamo a camminare. Il tempo di riflessione che ci è stato dato porterà frutti maturi”. Simone Ghelfi racconta che “il pellegrinaggio dei pellegrini di speranza si è compiuto proprio nel momento dell’ascolto reciproco, e non solo nei gesti ufficiali”. Paolo Gasperini, della diocesi di Senigallia, osserva che “il cammino sinodale insegna a lasciare strade già battute, a fidarsi dello Spirito e degli altri”.
Il rinvio del voto finale ha segnato una tappa, non una battuta d’arresto. La delegazione di Iglesias parla di “un’occasione per seminare con cura e raccogliere frutti più maturi, senza fretta”. Don Mauro Gallo, della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, racconta un’esperienza “forte, a tratti destabilizzante, ma capace di generare riconciliazione”. Don Filippo Lombardi, dell’arcidiocesi di Matera-Irsina, richiama “il desiderio di concretezza e di corresponsabilità dei laici, fondamentale per il futuro della Chiesa”. Don Luca Meacci, della diocesi di Fiesole, conclude che “non abbiamo smarrito la via, abbiamo solo modificato il cammino.
Non c’è stata nessuna ribellione, ma un dialogo sincero, dove tutti ci siamo messi con le vele spiegate ad intercettare il vento dello Spirito di Dio”.
I delegati di Chieti-Vasto ribadiscono: “Con la gioia nel cuore continuiamo a camminare, portando con noi il senso di comunione e di responsabilità maturato in questi giorni”.
- Foto in evidenza Siciliani-Gennari/SIR