Dall’inizio della pandemia abbiamo ascoltato tutti i giorni i numeri relativi ai contagi, con trepidazione, abbiamo ristretto la nostra vita sociale per evitare la diffusione del virus, abbiamo insomma giocato in difesa.

Adesso ci sentiamo sospesi tra il bisogno di tornare alla vita produttiva e l’impossibilità che questo avvenga se i contagi non diminuiscono. L’apertura delle scuole è una chiave di volta per tutti, il passo coraggioso che la nostra società deve fare per garantirsi il futuro, purtroppo in condizioni assolutamente difficili e incontrollabili. E intanto che portiamo i nostri figli a scuola, con una buona probabilità di rimanere a casa in quarantena se un genitore di un alunno della classe è positivo, cosa facciamo? Come affrontiamo il rischio che la situazione attuale richiede?

La comunicazione mediatica è molto centrata sugli aspetti negativi e paurosi della pandemia, sulla curva dei contagi e su eventi eclatanti che dimostrano la nostra fragilità, come i focolai nelle case di riposo o negli ospedali. E davanti a questa prospettiva di rischio e soprattutto di incertezza, abbiamo visto giorno dopo giorno cambiare le nostre abitudini sociali. Nei luoghi chiusi pubblici abbiamo tutti la mascherina, e la teniamo anche nelle strade affollate. Dall’altra parte vediamo che alcune persone (poche per fortuna) negano che il virus esista, mentre altre, soprattutto i giovani, non tengono la distanza sociale e la mascherina, perché non vogliono rinunciare alla vicinanza fisica a cui erano abituati prima.

Come possiamo rimproverare questi giovani che, per colpa di una gestione politica e sociale irresponsabile ed egoista, si sono ritrovati senza futuro, senza lavoro, spesso senza affetti stabili … perché dovrebbero tenere la mascherina? Per quale futuro dovrebbero mantenersi sani? I nonni, che spesso infettano, non sono il loro futuro, sono il loro passato. E noi adulti come possiamo motivarli ad avere fiducia nel fatto che possono sconfiggere la pandemia, che possono farcela? Non ha molta presa su di loro tenere le distanze, per difendersi … da cosa? E per cosa? Stanno già abbastanza male da non essere interessati a salvare se stessi e il proprio futuro, di cui non hanno certezza.

Forse proprio loro, i giovani, avrebbero bisogno di una comunicazione mediatica diversa. In realtà, più che sospesa la nostra vita è profondamente cambiata. Un piccolo virus sta minacciando tutta l’umanità, e dobbiamo adoperarci per rinforzare le difese immunitarie e per sviluppare l’abitudine di rispettare l’ambente.

Ascoltare ogni giorno il numero dei contagi può essere un utile dato di cronaca, che ci informa sulla situazione, ma non ci aiuta per nulla a collaborare in modo attivo per arginare il contagio. Spero che i media inizino a diffondere notizie su come difenderci con il nostro sistema immunitario e come accettare il cambiamento della nostra vita sociale con serenità.

Abbiamo bisogno di sapere che cosa aiuta il nostro organismo a convivere con la carica di virus che abitualmente abita il nostro corpo, senza che qualcuno di loro diventi patogeno. Come ci insegnano i biologi e gli scienziati, noi conviviamo sulla terra con miliardi di germi, virus, batteri. Solo ogni tanto ne incontriamo uno che è tossico o che il nostro sistema immunitario non riesce a debellare. Più che quanti contagi in un giorno, sarebbe utile per tutti apprendere dai media quali sostanze aiutano il nostro sistema immunitario a produrre anticorpi, sia per questo determinato virus che per altri. Attendiamo tutti il vaccino, che sarà una cura specifica per il coronavirus. Ma siamo sicuri che questo ci riporterà alla sicurezza precedente? Probabilmente la battaglia del futuro si giocherà sul piano della nostra resistenza ai virus. Forse negli anni a venire questo sarà un problema più generale dell’umanità. Dirigere la nostra attenzione al rapporto del nostro corpo con l’ambiente, con le sostanze di cui ci nutriamo, potrebbe cambiare totalmente il nostro rapporto con i virus, e renderlo più costruttivo.

Inoltre, collegare strettamente il rischio che stiamo vivendo con il rispetto per l’ambiente, avere istruzioni su come trattare ogni piccolo rifiuto che produciamo perché sia “digerito” dall’ambiente, è una svolta che possiamo attuare solo se questo discorso diventa il nostro futuro, il focus delle comunicazioni mediatiche e dell’interesse politico.

Immagino che questo è un buon modo per occuparci del futuro dei giovani adesso, perché non possiamo solo aspettare.

 

Rubrica a cura di Margherita Spagnuolo Lobb

Scuola di Specializzazione in Psicoterapia – Istituto di Gestalt HCC Italy

Centro Clinico e di Ricerca – www.gestalt.it    –  training@gestalt.it

 

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