La bellezza più che vissuta va assaporata: in questo viaggio emozionale tra gusti, paesaggi incantevoli, solenni monumenti e ricordi condivisi di un passato mai lontano, si dispiega l’opera “Sinestesie Siciliane – I suoni della cucina e i sapori dell’arte” del professore Elio Tocco.
L’opera ci accompagna in un percorso nel quale la contaminazione dei sensi percettivi è l’emblema di una Sicilia autentica e genuina.
Sicilia nella quale convivono la maestosità settecentesca del barocco Palazzo Ganci Valguarnera di Palermo, scenario del film, tratto dall’omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo e il gusto “arrogante, deciso, straordinario” del pani ca meusa, che “schietta o maritata” ha il sapore di quella denuncia sociale e rivoluzionaria dei tempi in cui gli ebrei erano disposti ad accettare qualche rimasuglio in cambio di dure ore di lavoro.
Con questa commistione tra elementi apparentemente discordanti il maestro, ci spinge alla ricerca di una sicilianità ancestrale. Quella sicilianità che va assolutamente ritrovata ed attualizzata affinchè l’uomo non sia “isola nell’isola”.
Quante volte, gustando una cassata, con il suo contrasto tra la glassa e la frutta candita, non vi siete resi conto che stavate gustando il barocco siciliano? Osservando e odorando la ricchezza di questo dolce, la sua sfarzosità e i suoi colori avete fatto una visita, inconsapevolmente, all’interno della barocca Cattedrale di Noto.
Proprio come in una moneta esposta in una teca, della quale si osserva dall’esterno solo una faccia: la cassata siciliana è l’altra faccia del barocco, quella meno manifesta.
L’opera del maestro è poliglotta: parla una lingua ricercata e popolare. Parla della Sicilia rurale e della sua povertà, della borghesia con i suoi usi molte volte faceti e dell’aristocrazia con i suoi sfarzi esagerati. Personifica un ossimoro costante.
L’intento di Elio Tocco, appare quello di diffondere la cultura della Sicilia con le sue bellezze meandriche, non solo a chi, in questa terra meravigliosa non è mai stato, ma anche a chi la Sicilia la vive, ma distrattamente. Affinché anche questi ultimi possano assaporarla con il gusto, con il tatto, con l’udito, con l’olfatto e con la vista, e non solo viverla; affinché avendola vissuta con i sensi la si possa reinterpretare, non la si dimentichi e si porti il suo mito nel mondo.
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