La casa di Sara e Abramo a Siracusa, con l’8 X 1000 è una realtà.
Una particolare e del tutto singolare “accoglienza” viene narrata in Genesi al capitolo 18:
“Il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui”. Abramo rispose: “Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo”.
Sono pellegrini, ed egli sente il dovere di accoglierli, anzi, secondo alcuni rabbini, Abramo stava nell’ingresso della tenda proprio per accogliere eventuali passanti che si sarebbero trovati a percorrere quella via. Visti i tre uomini, Abramo corre loro incontro.
Correre, anche se è questione di fretta o sollecitudine, è sempre sconveniente. Ma Abramo intuisce nel cuore, senza averne tuttavia chiara consapevolezza, che i tre uomini che si stavano dirigendo verso la sua tenda erano ben più che pellegrini da accogliere. Compie un gesto simbolico di saluto ed accoglienza, un omaggio cordiale: dopo averli salutati, lava loro i piedi, e li riceve. Poi l’invito pressante a fermarsi, quasi pregandoli. Traspare l’esuberante finezza dell’ospitalità che trasuda di gioia, e mentre offre, lascia intendere semplicemente d’aver ricevuto, nel servire, un bene più grande. L’invito allora si fa subito servizio, agio e ristoro per l’ospite. Anche l’anticipare verbalmente ciò che sta per offrire è segno evidente di squisita ospitalità: “Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi”. Il sollievo dei viandanti gli sta a cuore. E più a cuore il desiderio di praticare con zelo l’ospitalità, secondo lo stile della sua gente. Egli è consapevole che quegli uomini gli son venuti incontro per ristorarsi alle acque limpide della sua gratuità.
Nella “tenda” di Sara e Abramo a Siracusa, ancora oggi, per ogni singolo passante che si trova a percorrere la strada della sofferenza e del disagio, tale gratuità viene elargita per far riscoprire semplicemente l’essere sempre amati.
A seguito della morte di un uomo senza fissa dimora, su un vagone ferroviario, l’Arcidiocesi di Siracusa ha promosso la nascita di un centro di ospitalità che è attivo da dieci anni con il sostegno dell’8×1000, sopratutto in questo periodo pandemico dovuto al Covid-19.. Il progetto di accoglienza “Casa di Sara e Abramo“, si rivolge, dal 27 gennaio 2011, ai senza tetto della nostra città. Inizialmente fondato per contrastare l’emergenza freddo del dicembre 2010, la realizzazione è stata fattibile con l’impegno dell’Arcidiocesi stessa, la Protezione civile, e di singoli volontari. Essa si non si prefigge soltanto di essere un semplice ricovero per trovare riparo dal freddo e un pasto caldo, ma vuole essere soprattutto ed essenzialmente “casa”. Qui, all’ombra generosa delle attuali querce di Mamre, l’ospitalità è ben più che l’adempimento di una legge. Gli ospiti, circa venti in questo periodo, sono accolti perché persone, con la loro dignità, la loro cultura, la loro esperienza spirituale. Coordinati da un responsabile, vari operatori volontari, che desiderano in cuor loro il sollievo dei “viandanti”, provvedono alla preparazione del cibo, alla pulizia degli ambienti e all’assistenza sanitaria e legale degli ospiti.