L‘incarico di governo affidato al prof. Mario Draghi è stata una soluzione al di sopra delle beghe politiche a cui abbiamo assistito in questi mesi. Eppure restiamo con un senso di amarezza. Esiste ancora la democrazia? Il vocabolario Treccani la definisce come una forma di governo che si basa sulla sovranità popolare, esercitata per mezzo di rappresentanze elettive, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico. Questo concetto di democrazia è basato sull’ideale etico della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini.

80 anni dopo la fondazione della nostra Repubblica, libertà e uguaglianza sono ancora valori comprensibili e attuabili? Come si trasforma il valore della libertà in un giovane che può avere facilmente beni materiali dalla famiglia, ma si sente un fallito perché non riesce a trovare lavoro e si desensibilizza dalle sue emozioni per sopravvivere? Che cosa sono libertà e uguaglianza per lui?

Dove è il valore dell’uguaglianza in un ragazzino di 13 anni che ogni giorno si apposta assieme ad altri simili per bullizzare un compagno di scuola che ha una disabilità? Ce lo chiediamo – per questi e per tanti altri giovani – quando assistiamo alla giostra di potere che si consuma tra i partiti: le loro richieste, spesso ballerine, sono presentate come garanzia di libertà e uguaglianza, ma appaiono del tutto decontestualizzate. Il paese è in una situazione disperata, con l’economia al collasso, fragilità o dissociazione emotiva in molte persone e un aumento del 70% delle violenze domestiche (i malesseri relazionali già esistenti prima della pandemia in molti casi sono peggiorati), depressione esistenziale in chi ha vissuto l’impotenza di lasciare andare via persone amate senza star loro accanto. I soldi europei, anziché essere considerati come un bene prezioso da gestire insieme, nel riconoscimento reciproco, sono diventati come un formaggio per topi affamati, fanno gola a tutti. Per esercitare il loro potere pubblico, e per avere credito presso la popolazione, i partiti vogliono fare il polso duro. Questa è ancora democrazia? È libertà e uguaglianza? o c‘è qualcosa che ci siamo persi per strada? Si dovrebbe fare molto lavoro sul senso di sé delle persone perché possano arrivare a sentirsi libere di dare il proprio contributo unico alla società e perché possano sentirsi con uguali diritti.

Certo, in democrazia ognuno ha il diritto di dire ciò che pensa, ma la democrazia non può esistere senza l’etica. L’etica consente di esprimere il proprio parere per un bene condiviso, con la responsabilità di cura verso gli altri. È proprio questo concetto di cura che forse ci siamo persi per strada. Sembra infatti che questo valore venga scambiato con il lottare per la forza del partito, anziché per il riconoscimento dell’altro. La diversità è motivo di lotta anziché di ricchezza e armonia. Ognuno deve dimostrare che è più forte, più attraente di un altro. Dunque la democrazia è diventata una lotta che si gioca al miglior offerente. Ma forse questo avviene perché non si sa più qual è il bene comune. Siamo diventati, già prima della pandemia, insensibili al bene dell’altro e al piacere di fare qualcosa per l’altro. Penso che il primo bene comune sia la capacità di accogliere le diversità, di creare condizioni perché tutti, nella loro diversità, possano vivere bene, in modo decente. Questo bene si potrebbe conquistare se potessimo offrire agli adolescenti e ai giovani spazi sociali in cui esprimere se stessi, le proprie sofferenze e i propri sogni, sperimentando l’ascolto senza giudizio e dunque apprendendo la tolleranza verso il diverso. Si potrebbe conquistare se chi fa la fatica di generare e crescere i piccoli o di prendersi cura degli indifesi si sentisse sostenuto e riconosciuto dalla società per il suo contributo essenziale. Per essere pratici, nelle classi scolastiche gli adolescenti dovrebbero sentirsi sostenuti nella loro curiosità verso l’altro-diverso, anziché snobbarlo o bullizzarlo, perché solo così possono imparare ad amarlo. Le famiglie, soprattutto quelle più a rischio, in cui l’insofferenza degenera in violenza, dovrebbero sentire che ci sono luoghi e persone a cui possono rivolgersi quando sentono di non farcela a sopportare la tensione che logora le relazioni.

Se i partiti italiani si fossero ancorati a questo principio etico della democrazia di progettare il bene comune, avrebbero creato una realtà molto bella, nuova, piena di armonia. Tutti vogliamo il bene del nostro Paese. Non c’è uno che lo vuole più di un altro, perché nel momento stesso in cui si mette in dubbio la validità dell’altro, affermando che il proprio punto di vista è il migliore si contravviene allo spirito democratico che accoglie tutte le diversità e cerca di integrarle; si crea separazione, competizione, disorientamento. In questo momento non avremmo avuto bisogno di questa frammentazione, ma di un esempio di rinuncia a portare acqua al proprio mulino, una tregua dei giochi di potere, per sconfiggere i problemi sanitari ed economici. Ci resta una domanda: come sviluppare nei giovani il piacere di servire un’idea che li trascende? Come riuscire a vedere estaticamente la loro bellezza in un mondo che li ama sin da quando sono concepiti?

Scuola di Specializzazione in PsicoterapiamIstituto di Gestalt HCC Italy

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