Gino Foti non era nato democristiano ma in pochi anni, dopo il suo passaggio nel partito avvenuto nel 1969,  era riuscito ad acquisire uno spazio politico che lo aveva portato ad essere l’indiscusso dominus dello scudo crociato, scalzando man mano quegli uomini, da Nicita a Brancati, a Lo Curzio, a Nicotra, che nella Dc erano nati e che si sentivano eredi naturali della gestione di Verzotto.

Foti veniva infatti dal Msi, dove era stato federale provinciale, consigliere comunale e candidato ma non eletto alle regionali del 1967.

E’ stato senza dubbio alcuno un personaggio, discusso e discutibile ma capace di intuizioni originali e previgenti. Come quando, nel 1992, ai primi albori della nascita della cosiddetta Seconda Repubblica avviata dall’azione della magistratura, cercò di non far travolgere il partito dagli eventi che incalzavano: abbattè la giunta comunale e quella provinciale, portando a capo della prima Franco Cirillo, con una giunta formata da assessori tutti di prima nomina, dopo aver offerto invano la sindacatura ad Ettore Di Giovanni (una storia poco conosciuta, il vicesindaco designato era lo scrivente), nell’ambito della stessa operazione politica che portò il diessino Salvo Baio alla presidenza della Provincia, dopo che la stessa carica era stata rivestita dal  fratello Armando. A capo del partito cercò di collocare due personaggi prestigiosi della società civile: Roberto Cafiso e Marco Fatuzzo, ma entrambi rifiutarono, mentre Corrado Piccione accettò di presiedere il neonato Coreco.  Solo un personaggio dotato di carisma e di intuito non comuni avrebbe potuto far accettare ai suoi compagni d’un partito disorientato e confuso, nel mezzo di una bufera che coinvolse anche lui, dei mutamenti così repentini e radicali.

Con Gino Foti, andreottiano di ferro (nella foto insieme in una visita siracusana del Presidente) e sostenitore del primato della politica, scompare un altro personaggio che fu protagonista di un modo di interpretare la passione civile e sociale in maniera totalizzante. Comunque lo si voglia giudicare, fu un uomo capace, nei vari ruoli (da sindaco a presidente Asi, da parlamentare e uomo di governo) di non passare mai inosservato, di avere il coraggio di esprimere sempre il proprio pensiero, in maniera coraggiosa e spesso controcorrente. Ci mancherà il suo modo sornione ma mai sdolcinato di esaminare i fatti e di trarne prospettive e indicazioni, la sua capacità di guardare al futuro senza recriminare sul passato ma cercando con tenacia di rimboccarsi le maniche per individuare ed attuare soluzioni concrete ai problemi della nostra società.

In uno scenario politico come quello attuale, prigioniero di un arido presente ed incapace di costruire futuro, l’assenza di un uomo della statura di Gino Foti si sentirà. Eccome!

  • Il Direttore e la redazione di Cammino esprimono sentite condoglianze alla famiglia.

 

Credito immagini: foto in evidenza dalla rete, foto all’interno archivio Sorbello.

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