Giacomo Leopardi, uno dei più grandi poeti e pensatori italiani del diciannovesimo secolo, ha dedicato molte delle sue riflessioni al concetto di infinito. La sua concezione dell’infinito rappresenta una delle tematiche centrali della sua opera e riflette la sua visione pessimistica dell’esistenza umana e della condizione umana.

Per Leopardi, l’infinito è un concetto che spesso suscita sentimenti di ammirazione e meraviglia, ma che allo stesso tempo porta con sé una sensazione di angoscia e tristezza. L’infinito, nella sua concezione, è il contrario della finitezza umana ed è la condizione limitata dell’esistenza umana. L’uomo, essendo consapevole della sua finitezza e delle sue limitazioni, si confronta con l’infinito come qualcosa che non può comprendere pienamente e che lo rende impotente di fronte alla grandezza del cosmo.

Nel celebre componimento “L’infinito”, Leopardi esprime la sua struggente meditazione sull’infinito e sul senso di smarrimento che esso può suscitare nell’animo umano. Il poeta si pone in una posizione di osservazione e contemplazione della natura circostante, cercando di abbracciare con lo sguardo tutto ciò che lo circonda. Tuttavia, la sua vista si scontra con l’orizzonte, che rappresenta un confine invalicabile, questa limitazione genera un senso di frustrazione e un desiderio irrealizzabile di trascendere la propria esistenza.

Secondo Leopardi, l’infinito è intimamente legato all’aspirazione umana di superare le proprie limitazioni e raggiungere una dimensione più ampia e significativa dell’esistenza. Ma questa aspirazione è destinata a restare insoddisfatta, perché l’uomo è intrappolato nella sua condizione finita e nella sua consapevolezza dell’inevitabilità della morte.

L’infinito, per Leopardi, e anche un elemento che caratterizza la natura stessa. Egli osserva la natura come un sistema di forze indifferente e spietato, che opera secondo leggi immutabili e che esiste da sempre per sempre. Questa visione della natura come un’entità infinita è indifferente all’umanità rafforza ulteriormente la sensazione di smarrimento e insignificanza dell’uomo di fronte all’immensità dell’universo.

Eppure, in questo naufragare, il poeta riesce a coglierne comunque tutta la dolcezza.

“L’Infinito” di Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

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