“Il mattino ha l’oro in bocca”

Titolo della settimana: Shining, 1980 di Stanley Kubrick.
25 anni senza Stanley Kubrick, ancora oggi libri, saggi, trattati ne indagano la personalità schiva e riservata, lontano dai riflettori e restio alle interviste, con il suo cinema unico veicolo per comunicare col mondo: contatto avvenuto solo 13 volte in quarant’anni, tanti sono i suoi film; impossibile scegliere il più bello o il più importante, un’opera omnia collegata da un filo logico, la vita, il suo mistero e la storia.
Posso solo dire il mio preferito: Shining, scelto per ricordarlo. Jack Torrence, ex insegnante, scrittore in crisi con problemi di alcool, accetta il lavoro di custode invernale dell’ Overlook Hotel, isolato e sperduto tra le montagne rocciose del Colorado. Vi si trasferisce con moglie e il figlioletto Danny, dotato dello Shining, la luccicanza, che gli fa’ vedere eventi passati e futuri avvenuti nell’albergo, riguardanti il precedente custode e la sua famiglia.
All’arrivo Danny incrocia il cuoco Dick Halloran, anche lui con lo stesso dono della luccicanza, che lo mette in guardia sulle strane presenze e sul fatto che l’albergo sorge sul sito di un vecchio cimitero indiano, ma non deve temere nulla, perché si tratta di eventi non reali, importante però è tenersi a distanza dalla camera 237. Col passare del tempo la situazione degenera, le visioni di Danny si moltiplicano e Jack inizia a dare segni di cedimento. Da un racconto di Stephen King – letto ma molto noioso – che non fu per niente contento della sua trasposizione; il regista, invece, lo rende immortale e controcorrente alla grammatica del thriller horror, sdogana buio e scricchiolii e gira tutto alla luce del sole, che siano i neon dell’albergo illuminato notte e giorno o la neve dal bagliore accecante. Tante le scene che rimangono impresse che hanno cambiato e influenzato il genere, al pari di Hitchcock, Romero o Fulci. E poi Jack Nicholson, non esagero, da leggenda, anche nel resistere ai numerosi ciak del maniacale e perfezionista Stanley, cosa che contribuì a creare un feeling tra i due, determinante per la riuscita dell’opera, e anche se per i due è stato l’unico contatto, la stima è rimasta per sempre.
Shining è molto più di un semplice thriller horror, oltre ad esplorare il fascino del mistero, senza mettere in campo gore o splatter gratuiti, ci parla di disgregazione e rapporti familiari, e tra le pieghe del film di Olocausto e sterminio dei nativi, con un modo tutto Kubrikiano di fare cinema e del quale si è perso lo stampo, un linguaggio metacinematografico e ennesima lezione su come si gira un film di genere, e come si devono usare steadicam, carrelli,soggettive, riprese aeree e piani sequenza. Shining è secondo come incassi del regista soltanto a Full metal jacket ed è stato girato dopo il flop, incredibile ma vero, al botteghino di Barry Lindon del 1975, già recensito, e dal 2018 è stato scelto per essere conservato nella Biblioteca del Congresso USA. Due tra le tante curiosità e segreti di un’opera unica : Kubrick cedette 17 ore di pregirato delle riprese aeree iniziali a Ridley Scott, su richiesta dello stesso, per il finale alternativo di Blade runner. Curiosità 2 , la stanza 217 è diventata 237, perché il vero Hotel Timberline, scelto per gli esterni aveva una stanza 217, e temeva che i clienti l’avrebbero in seguito rifiutata. Nel 25 anniversario della scomparsa del maestro consiglio Shining o un altro che fa’ al caso vostro, tanto sono 13 e tutti imperdibili. Buona visione
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