Saranno accanto a lui gli Ultimi, che lo accoglieranno nel luogo della sepoltura.
La cerimonia, invece, ospiterà i potenti del pianeta, riuscendo così a far parlare alcuni di loro: gli stessi che, nel recente passato, hanno fatto di tutto per evitarsi e perseguito politiche egoistiche che hanno scatenato la «terza guerra mondiale a pezzi».
È stato, peraltro, lo stesso Francesco che, fino alla fine, ricevendo il vice di Trump, ha dato dimostrazione di apertura al dialogo, sempre e in qualsiasi condizione fisica.
Adesso è il momento del raccoglimento, della preghiera; altrimenti — potremmo dire parafrasando Bergoglio — meglio partecipare a uno spettacolo di barzellette che assistere a laceranti tifoserie, le quali strattonano il magistero di Francesco a propria inconcludente convenienza.
Non è il tempo del toto-Conclave, del puntare su questo o quello; peraltro, i «papabili» di cui si vocifera sono tutti ricchi di carisma, e ciò lascia comunque ben sperare.
Ora occorre silenzio, guardarsi intorno e ascoltare il gregge; osservare i frutti dell’ovile e constatare le crepe, dove i lupi avranno facile accesso; spogliarsi e accettare le proprie debolezze, curare le piaghe che segnano il corpo.
Sì, perché la nostra è una Chiesa dove Dio si è fatto carne, e dunque siamo un corpo che vive nella storia: non possiamo non viverla.
Adesso che è Francesco a pregare per noi da questa sua ultima sede celeste, forse dovremmo cercare di trasformare i chilometri di fila per osservarne il corpo mortale in un cordone di abbracci, da cui trarre forza per continuare il cammino sinodale che ci aveva indicato, consapevole delle scelte improcrastinabili che la Chiesa e il mondo hanno davanti.
Mosè non entrò in Terra Santa, Giovanni XXIII non concluse il Concilio Vaticano II: eppure la loro missione si è compiuta.
Ogni persona di buona volontà — per usare concetti cari a Francesco — deve vivere il tempo che le è stato dato.
E allora, nel ringraziare Dio per averci donato Jorge Mario Bergoglio, spetta a noi il compito di non rendere vana la testimonianza che, fino alla fine dei suoi giorni terreni, ci ha offerto Franciscus.